I referendum? Ma chi ci ha capito qualcosa

Le vere ragioni del flop

Michele Brambilla

Michele Brambilla

Ma certi politici che rapporto hanno con il mondo reale? Con la gente comune? Ieri, per spiegare il maxi flop del referendum sulla giustizia, si sono sentite le seguenti motivazioni: 1) i giornali non ne hanno parlato abbastanza; 2) la Corte di Cassazione aveva bocciato il quesito più importante, quello sulla responsabilità civile diretta dei magistrati, il quale avrebbe trainato le folle alle urne; 3) la guerra ha distratto l’attenzione; 4) si è votato un giorno solo anziché due; 5) il referendum è stato boicottato perché se fosse passato sarebbe caduto il governo; 6) faceva caldo.

Ma a nessuno viene in mente la spiegazione più semplice, e cioè che nei bar, al supermercato, nelle famiglie con i figli da crescere, sulle spiagge già affollate ma anche nelle scuole, negli studi professionali, insomma in tutto il mondo degli italiani che lavorano o che cercano un lavoro le preoccupazioni sono altre?

E soprattutto - soprattutto! - a nessuno viene in mente che i quesiti stampati sulle schede erano materia ostica anche per un laureato in giurisprudenza? Secondo voi quanti italiani sanno chi sono e quale ruolo hanno i membri laici nel direttivo della Cassazione? E quanti si appassionano al numero delle firme necessarie a un togato per candidarsi al Consiglio superiore della magistratura? Uno dei quesiti, mi pare quello sulla separazione delle carriere, era lungo come un bugiardino dei medicinali. Quesiti incomprensibili, mal posti, e questioni certo importanti, ma lontanissime anni luce dai problemi di ogni giorno. Questi referendum non avrebbero raggiunto il quorum neanche se si fosse votato in febbraio, e per una settimana intera.

Non sto dicendo che erano una boiata pazzesca, anzi credo che la riforma della giustizia sia una delle principali emergenze del Paese, ma in una democrazia sana su certe questioni complesse non può esprimersi il popolo: si devono esprimere gli eletti dal popolo. I quali debbono sbrigarsi a farle loro, certe riforme, e non fingersi di stupirsi, o cercare alibi improbabili, se degli ultimi nove referendum abrogativi solo uno ha raggiunto il quorum. Un conto è chiedere agli italiani di esprimersi su divorzio, aborto, eutanasia, cannabis: un conto è chiedere loro di occuparsi del Regio Decreto 30 gennaio 1941, numero 12, e dell’articolo 192, relativamente al comma 6, vista la legge 4 gennaio 1963 numero 1, e l’articolo 18, comma 3... Aiuto.