I ragazzi scomparsi e l’incubo setta "Attirati con promesse di ricchezza"

L’ipotesi della psicologa Tinelli sugli emiliani Alessandro Venturelli e Stefano Barilli. Forse un terzo caso a Padova

(Foto Annese)

(Foto Annese)

di Gabriele Moroni

Quei cappotti indosso ai due ragazzi fotografati alla stazione Centrale, a Milano (colore grigio scuro, larghi) avevano fatto pensare a una sorta di divisa d’ordinanza. Sembrava una chiave del doppio giallo di una scomparsa. Alessandro Venturelli, 20 anni, è sparito da Sassuolo (Modena) il 5 dicembre 2020. Stefano Barilli, 23 anni, di Piacenza, si è smaterializzato l’8 febbraio. Alle sette di sera del 18 febbraio una telespettatrice che aveva assistito a una puntata di Chi l’ha visto? aveva notato due ragazzi alla Centrale e aveva scattato la foto con il cellulare. Le madri avevano riconosciuto i figli. L’unico dubbio di Natascia Sbriscia era il loden, troppo largo per la taglia del suo Stefano. In effetti i ragazzi della foto non sono Alessandro e Stefano. Resta il fatto che nel mondo della manipolazione mentale le divise hanno una forza, danno un senso di appartenenza. Come spiega Lorita Tinelli, psicologa, presidente del Cesap, il Centro studi sugli abusi psicologici, consulente dell’Associazione familiari delle vittime delle sette. È stata chiamata come consulente, con la grafologa Candida Livatino, dall’avvocato Ilaria Sottotetti, il legale milanese nominato dalla madre di Stefano Barilli.

Dottoressa Tinelli, l’abbigliamento dei ragazzi attratti da una setta può "parlare"?

"Sì, spesso sono vestiti allo stesso modo. È tipico di certi gruppi. Serve per uniformare i loro associati e segnare il distacco dal mondo esterno. Anche Stefano e Alessandro potrebbero avere aderito a un percorso di potenziamento della personalità e delle facoltà intellettuali. I gruppi che li organizzano prospettano prestigiose carriere da manager e grandi arricchimenti".

Cosa fa pensare a un’adesione?

"È una ipotesi probabile. Lo fa pensare la libreria di Stefano: libri che testimoniano della sua ammirazione per gli uomini di successo, libri che trattano dell’accrescimento delle potenzialità umane e di se stesso, oltre a testi su come investire risorse. Sono argomenti tipici dei gruppi cosiddetti piramidali, che reclutano soprattutto fra i giovani. Gli amici di Alessandro riferiscono che ammirava chi aveva avuto successo. L’obbligo per chi entra è quello di diventare un reclutatore".

Dietro le sparizioni ci sarebbe una organizzazione, una sorta di psicosetta?

"È una tendenza attuale quella di gruppi che attraverso slogan promettono cambiamenti radicali facendo credere di poter essere l’artefice della vita, del successo, a patto che si percorrano le strade indicate per il ‘risveglio’. Nel mio database ho trovato altre lettere di ragazzi che si sono allontanati lasciando scritto di voler essere gli artefici della propria esistenza. Erano consapevoli di arrecare un dolore alla famiglia, ma non potevano fare diversamente: troncare con il passato non lasciandosi dietro nulla. Stefano scrive alla mamma: “ti voglio bene ma qui chiudo“. Alessandro non scrive, però abbraccia la madre".

Dove si trovano questi gruppi?

"Sono dappertutto. Stiamo analizzando gruppi presenti in Italia, in Svizzera, in Germania. Non dimentichiamo che Stefano Barilli ha trascorso un periodo a Zurigo e che si è allontanato portando con sé un dizionario di tedesco".