I professori e il girone degli ipocriti

Certificato verde all'università

Mi si nota di più con il Green pass o senza? Perché alla fine il Green pass è roba da piccoli borghesi, lo puoi chiedere alla cameriera della Cirinnà o alla sguattera del Guatemala, mica a chi lavora con la mente, a chi esercita il libero pensiero in libera facoltà. Passi pure la noia di mostrarlo per sedersi al ristorante, dove si ragiona più con la panza che con l’empirismo kantiano. Ma suvvia, pretenderlo per l’università, è un attentato al libero arbitrio. E così via di firme e di manifesto, come se fosse un maggio sessantottino arrivato a tarda estate. O peggio come tanti manifesti e firme in calce in momenti sbagliati, seguendo sirene pericolose.

Cento, duecento, trecento ermellini e passa, militi della libertà, come alle Termopili a resistere davanti all’invasore. Trecento firme di professori universitari che gridano un no pasaran davanti al Green pass per entrare nelle aule universitarie. Fra loro anche lo storico più pop della storia, Alessandro Barbero. Che non ha dubbi: Dante infilerebbe nel girone degli ipocriti chi impone il Green pass. La tesi è questa: il governo è ipocrita perché non ha il coraggio di rendere obbligatorio il vaccino e quindi lo fa in modo surrettizio. Barbero non è un no vax, ma in questa versione 2.0 del libero arbitrio (Canto XVI del Purgatorio, cit.) dimentica che c’è anche l’ipocrisia di chi nasconde dietro il no al Green pass una guerra al vaccino.

Ahi serva Italia, di dolore ostello... eternamente divisa tra guelfi e ghibellini. Usciamo da questa storia. Si possono avere mille dubbi sui vaccini, si può avere paura per la propria salute, si può esitare. Virtute e canoscenza sono una strada da seguire sapendo che si affronteranno mille perigli.

Ma l’importante è non esasperare tutto, è sapere che alla fine usciremo a riveder le stelle. Per ora è una libertà vigilata, ma c’è una priorità comune che viene prima di tutte le libertà personali. Già chiediamo il Green pass agli insegnanti di tutte le scuole, ora tocca agli atenei. Perché no? Sono forse più uguali degli altri luoghi di formazione? Anche nelle università l’obiettivo è garantire agli studenti la frequenza alle lezioni in presenza, dopo due anni di deludente didattica a distanza. L’università è vedersi, contaminarsi, confrontarsi, discutere per apprendere. Non può essere ridotta all’ascolto di un podcast, a un esamificio su Zoom. Oggi la presenza va regolata sulla base di un’emergenza sanitaria e il Green pass è solo uno strumento per tornare in comunità. (Tra l’altro il Green pass si può ottenere anche col tampone se il vaccino fa paura o non convince.) L’ipocrisia, si diceva. Ma l’ipocrisia è di chi sta con la ragione e mai col torto. Trecento firme di professori illustri non fanno una ragione. Ma possono fare un torto agli studenti.