Mercoledì 24 Aprile 2024

I partiti al bivio: Draghi al Colle o sarà crisi

Trattative congelate, oggi attesa per le parole del premier. Lady Moratti: non mi candido. Letta e Conte provano a uscire dall’angolo

di Antonella Coppari

E se non eleggere Draghi al Quirinale fosse più pericoloso che eleggerlo? Eccolo qui, l’interrogativo che pende sul Palazzo. Letizia Moratti smentisce la sua candidatura: "Puntiamo sul Cavaliere". Ma il problema non è questo o quel nome scelto dalla destra, anche se Berlusconi sarebbe un pugno in un occhio di Enrico Letta e di Giuseppe Conte: qualsiasi capo dello Stato eletto solo da questa parte implicherebbe automaticamente la fine di governo e legislatura.

La formula adottata dal segretario Pd è diplomatica: "No a un presidente divisivo". Più esplicito un suo luogotenente: "Se sulla maggioranza che regge questo esecutivo, si inserisce lo schema del centrodestra o del centrosinistra la maionese impazzisce e si va alla crisi". Insomma, come si sono detti ieri Letta, Speranza e Conte in un summit in cui si parlato di Colle — benché ufficialmente il Pd affronterà il tema il 13 gennaio nella riunione della direzione con i gruppi parlamentari — serve "un presidente terzo rispetto alla magistratura e alla politica". Anticipo necessario a siglare un “patto di consultazione“ a sinistra in vista del tavolo con tutti i leader che si aprirà dopo l’approvazione della manovra.

Omicron o non Omicron,a rispondere a tali requisiti è quello di Mario Draghi. Sulla carta non sembrerebbe così; Renzi suggerisce di tenere presenti le candidature istituzionali: dai presidenti delle Camere ai giudici costituzionali. Tra questi, c’è Elisabetta Casellati, seconda carica dello Stato.

Ora, se il premier farà capire di ambire alla presidenza (qualcuno fa circolare voci di un patto che vedrebbe lui al Colle e Giorgetti premier) scegliere un altro candidato diventerà difficile. Le ripercussioni sui mercati, sulla credibilità del Paese all’estero e sulla tenuta del governo sarebbero inevitabili. Anche se oggi non scioglierà la riserva, limitandosi a ripetere che "è il Parlamento che decide" e lui "sarà dove vuole che sia il Parlamento", qualcosa il premier potrebbe far filtrare nella conferenza stampa di fine anno. Dando magari l’interpretazione autentica di quanto ha detto ieri: "Lo spirito di collaborazione ci deve accompagnare nel 2022. Il Pnrr non è di Draghi, ma di tutti". Per alcuni un congedo a Chigi.

Ma l’ostacolo principale per l’elezione di Draghi, ove si candidasse come di qualsiasi altro "presidente di quasi tutti" è Berlusconi. Domani il centrodestra affronterà il tema nel vertice dei leader a Villa Grande a Roma. Salvini, pur assicurando di non volerne parlare fino a gennaio, dice: "Ha fatto bene la Moratti a confermare che il nostro candidato è il Cavaliere". Se Silvio non farà passi indietro il sogno di Enrico Letta di un presidente eletto da tutti alla prima votazione si rivelerà un miraggio. Chi pensa che Berlusconi miri solo a imporsi come colui che dà le carte e che per questo abbia fatto circolare la voce della sua candidatura probabilmente sbaglia. Ci vuole provare davvero, e non dispera di agguantare il seggio più ambito. È vero che di fronte a Draghi, e solo a lui, considerebbe l’ipotesi del ritiro. Ma con poca convinzione. tanto che da ambienti forzisti sarebbe stata fatta pervenire al Nazareno un’ipotesi partorita da Gianni Letta: Silvio tenterebbe la sorte nelle prime votazioni, con la dispoibilità a convergere su Draghi se fosse sconfitto. Un percorso bizantino, non il migliore né per Draghi né per il paese. Per rappresentare con autorevolezza la figura di garante in Italia e all’estero Draghi dovrebbe essere eletto subito e a larga maggioranza. Come Ciampi.