I papà killer e il delirio del possesso. "Capaci di uccidere per dominare"

Lo psichiatra Mencacci: "Dare fiducia a un uomo simile è stato un grave errore del sistema di tutela"

Lo psichiatra Claudio Mencacci, 68 anni

Lo psichiatra Claudio Mencacci, 68 anni

"Chi ha permesso di trascorrere il Capodanno col figlio minore a un uomo divorziato agli arresti domiciliari per lesioni ha commesso un grave azzzardo". Claudio Mencacci, 68 anni, medico psichiatra, presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia e direttore del Dipartimento Neuroscienze e Salute mentale del Fatebenefratelli-Sacco a Milano, registra con stupore il contesto dell’ultimo fatto di cronaca: l’omicido di un figlio, il tentato femminicidio della madre, l’arresto del padre Davide Paitoni, 40 anni, catturato nonostante la fuga.

Professore, è ammissibile che un bambino muoia in ossequio al diritto alla bigenitorialità?

"É una sconfitta del sistema di tutela che non ha saputo giudicare, valutare, prevenire. Ma è anche una sconfitta del contesto educativo e sociale che non affronta il tema di una genitorialità matura e consapevole".

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Approfondiamolo.

"Padri non si nasce, si diventa".

Madri?

"Anche madri si diventa. Ma, in caso di soppressione della prole, una differenza c’è".

Quale?

"Le madri che uccidono i propri bambini lo fanno quasi sempre quando sono molto piccoli e agiscono a causa di patologie psichiatriche non diagnosticate".

I padri invece?

"Quando ammazzano i figli sono generalmente affetti da disturbi della personalità moltiplicatori di violenza: disturbi spesso aggravati da abuso di alcol e stupefacenti, carenza di sonno, impulsività amplificata dai meccanismi della società digitale. Sono uomini immaturi, animati da un devastante senso del possesso. La vicenda di Varese, che contempla anche il tentato femminicidio, risponde a un nitido schema di dominio".

La condanna a morte dei congiunti come conseguenza diretta del divorzio?

"In un sistema valoriale deviato in cui non esiste educazione ai sentimenti, alle emozioni, al rispetto degli altri, la sfida familiare si tramuta in dominio e prevaricazione. Così, all’implosione del nucleo, il potere dell’uomo affetto da visione patriarcale, impreparato ai sentimenti e ai cambiamenti, si dissolve con esiti sconsiderati".

Fino all’omicidio?

"Se esiste uno sfondo di violenza agita o repressa, l’uccisione di un figlio diventa la suprema forma di vendetta, l’affermazione ultima del possesso. Lo dimostra, nella vicenda di Varese, anche la modalità scelta per uccidere il bambino. Tagliandogli la gola".

Nei casi di violenza familiare, di maltrattamenti, di stalking, il principio di precauzione non dovrebbe tutelare i minori anziché la parità tra genitori?

"La differenza tra genitori e minori è in definitiva una sola. Sono i genitori a doversi fare carico dei bisogni dei figli. La dinamica contraria non esiste".

L’aggressività maschile permea in modo crescente l’ambito familiare forse anche perché è l’ultimo spazio percepito di autonomia secondo un malinteso diritto di natura?

"In un mondo iper regolato, la suggestione di uno spazio familiare dove la figura maschile regna incontrastata è una delle tante dimostrazioni di una carenza di preparazione alla responsabilità genitoriale che spesso affligge anche le madri".

Come se ne esce?

"È purtroppo in atto, nella società italiana, una divaricazione crescente tra coppie straordinariamente preparate all’educazione dei figli e coppie prive di adeguati riferimenti. È un’altra prova dell’ineguaglianza che permea la società attuale. Con l’aggravante che la genitorialità contemporanea affronta sfide di contesto – economiche, sociali e di trasformazione – molto più profonde di quelle vissute dai genitori dell’altro millennio. Oggi il tasso di imprevedibilità dell’esistenza rende davvero più fragile chi non ha adeguate basi emotive e culturali".

Contromisure?

"Bisogna ripartire dai valori primari che non vengono più trasmessi con la forza che meritano. Rispetto degli altri ed empatia per il prossimo: se li pratichi non puoi essere violento".