Mercoledì 24 Aprile 2024

I paletti di Salvini: avanti, ma non all’infinito

"Governo di responsabilità nazionale per ricostruire il Paese come nel dopoguerra". No a un appoggio esterno per ammorbidire Pd e LeU

Migration

di Elena G. Polidori

Se, come sembra, la maggioranza che sosterrà il prossimo governo Draghi sarà "molto ampia", allora di sicuro il nuovo esecutivo – sostiene Matteo Salvini che si dichiara "pragmatico" e "disposto a discutere di tutto" – non potrà incidere in modo importante nella riforma del sistema Paese. "Le grandi riforme – ha spiegato ieri il leader della Lega prima di prendersi qualche ora di riposo a Firenze – non le possono fare forze che la vedono in maniera diversa", ma "sarebbe un successo se questo governo, qualora nascesse, tagliando vincoli, ritardi, inefficienze, sprechi, tasse e burocrazia, rimettesse in carreggiata l’Italia".

"È chiaro – ha specificato – che un governo di ricostruzione, di rinascita, di responsabilità nazionale come questo non può essere che vada avanti all’infinito. Deve fare alcune cose per ricostruire il Paese come nel dopoguerra con il governo Parri del giugno ‘45 che aveva dentro democristiani, comunisti, socialisti e azionisti. Un governo che ha dentro forze così diverse, si mette d’accordo su alcune cose" citando come priorità "il piano vaccinale, il piano fiscale e infrastrutturale, la riapertura di scuole, università e delle attività chiuse", ma su altre le distanze rimarranno talmente siderali da impedire la realizzazione di riforme importanti. Salvini lo dice chiaramente: l’appoggio esterno della Lega, che qualcuno ha prospettato per superare la chiusura di LeU ma, soprattutto, le contorsioni interne del Pd, non è sul tavolo: "Non esiste". "Se c’è un progetto di Paese che ci convince, ci siamo. Altrimenti, se uno mi dicesse ‘torniamo alla legge Fornero e sulle grandi opere non le sblocchiamo’, non ci staremo".

Insomma, molto dipenderà da quale sarà il programma di Draghi, ma nel centrodestra (in questo caso unito) emerge che dovrà essere un governo a piena maggioranza elettorale a gestire davvero le riforme. Ed è ciò a cui punta Giorgia Meloni, al momento isolata all’opposizione. La leader di Fd’I, di fatto, non ha ancora sciolto le riserve su come intenderà procedere, se con l’astensione o davvero con il "no", ma quel che è certo è che non parteciperà alla formazione dell’esecutivo istituzionale. Una decisione senza pregiudizi nei confronti del presidente incaricato, ma figlia della linea che da sempre persegue il partito.

Ieri, in un lungo post su Fb, ha voluto spiegare perché, con quel ‘no’, ha rotto l’unità del centrodestra assumendosi il peso politico della scelta: il governo Draghi sarà sostenuto "da una maggioranza a prevalenza Pd-5stelle: è la ragione per la quale Fd’I non può esserci. Noi al governo con Pd e 5 stelle abbiamo promesso che non ci saremmo andati e non ci andremo. Purtroppo, il centrodestra è minoritario nel Parlamento e quindi vinceranno sempre loro sulle grandi questioni. Stare all’opposizione, invece, costringe il governo a mediare. Per questo è molto più significativo e utile alle idee del centrodestra che Fd’I stia fuori: credo sia doveroso dare rappresentanza a quella parte di cittadini, non solo di centrodestra, che non sarà d’accordo con tutte queste forzature". Il centrodestra, in ogni caso, chiude la Meloni, "alla fine governerà insieme questa nazione se gli italiani lo vorranno. Abbiamo superato altre fasi difficili, supereremo anche questa".