I No vax, i vegani, le diete del sangue. Contagiati dall’ossessione naturista

Ecco come le mode stravolgono le nostre vite. Dai bidelli che fanno sciopero allo chef vegetariano cacciato

Una protesta dei vegani

Una protesta dei vegani

A colazione un bel piatto di natto. Lo sanno tutti che nella soia fermentata sta il segreto di bellezza delle giapponesi, e pazienza se puzza come un calzino. A pranzo un piatto tremolante di tofu salvifico e una golata di kefir per riconciliarsi con i batteri. Avocado, mirtilli, chia e moringa come se piovesse. Il glutine no perché non incolla solo le pance dei celiaci. La carne rossa neanche, a meno di non avere il gruppo sanguigno 0, ma poi per lavarsi la coscienza non basterà una settimana di detox con sedano e cetrioli.

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Cibo santo, cibo del demonio. Cibo come rito per liberarsi dal male, finché volere proteggere la salute a tutti i costi diventa a sua volta malattia e presa di posizione morale. Ci siamo convinti che il nemico è fra noi. Le brigate partigiane ortoressiche hanno lasciato gli ashram ayurvedici del Kerala e battono gli ipermercati occidentali diffondendo il verbo dello zenzero, della curcuma e del tarassaco. Senza tracce di ironia. Perché con il benessere non si scherza e con la religione nemmeno. Con diverse gradazioni di esaltazione ci siamo dentro un po’ tutti: se la salvezza passa dall’alimentazione, che senso ha abbattersi a colpi di cheeseburger quando il riso integrale ristabilisce l’armonia e la minestra di alghe riallinea con l’universo? Il problema è serio, la sfida quotidiana. "Ma vale poi la pena de soffrì lontano da ‘na tavola e ‘na sedia pensanno che se deve da morì?". Aldo Fabrizi andava al punto.

Ma il punto è che in tanti non soffrono affatto spostandosi da un fritto misto a un’insalata di germogli dell’orto. E consumano la loro scodella di miglio ora portando le prove scientifiche di uno scarto intelligente, ora facendone semplicemente una questione di fede.

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Qualche giorno fa i bidelli di una scuola del Modenese hanno fatto sciopero a sostegno della dieta basata sui gruppi sanguigni. "Motivazione da avanspettacolo", ha reagito il sindaco di Castelfranco Emilia. Ma intanto mezza Italia andava a rileggersi le teorie del naturopata Peter D’Adamo che spopolarono negli anni ’90 senza prove inconfutabili: al gruppo 0 è congeniale la fiorentina che invece taglia le gambe al gruppo A, il B stia alla larga dal sesamo, il misto AB potrebbe scavarsi la fossa con il fagiolo di Spagna. Come negli oroscopi, dove la cosa più importante è trovare un senso di appartenenza e l’onnivoro potrebbe sempre avere un forte ascendente fruttariano.

Negli Stati Uniti, California in testa, gli "organic shop" sono insieme templi e boutique dove l’estimatore del Sauvignon Blanc della Napa Valley si fidanza con l’amante della rosa canina di Monterey e prende già appuntamento con il pediatra antroposofico perché c’è la fila. E i tedeschi, gente che sa digerire senza conseguenze wurstel, crauti e regole d’acciaio? L’ex primario del Policlinico di Milano Luciano Gattinoni, da anni in trasferta in Bassa Sassonia, finalmente confessa: Druidi del bosco. La Germania è nei guai con il Covid e galoppa al ritmo di 50 mila contagi al giorno perché il paese è pieno di naturisti e antiscientisti, sessantottini pazzi per la medicina ayurvedica legati a un ambientalismo ancestrale che considera buono tutto ciò che viene dalla natura e maligno quello che interviene ad alterarne il corso. Quindi niente carne processata, alla faccia del cliché, e niente vaccino. Ma la vita di chi sostiene che il futuro sia tutto tofu è dura.

Fa notizia la cacciata dello chef stellato Daniel Humm dal ristorante londinese Davies and Brook all’interno dell’hotel extralusso Claridge di Mayfair: voleva trasformare tutto il menù in tomo vegano, senza compromessi. L’albergo gli ha dato il benservito replicando di voler continuare a servire aragoste, caviale e foie gras agli ospiti disposti a pagare 125 sterline per una cena di quattro portate.