A colazione un bel piatto di natto. Lo sanno tutti che nella soia fermentata sta il segreto di bellezza delle giapponesi, e pazienza se puzza come un calzino. A pranzo un piatto tremolante di tofu salvifico e una golata di kefir per riconciliarsi con i batteri. Avocado, mirtilli, chia e moringa come se piovesse. Il glutine no perché non incolla solo le pance dei celiaci. La carne rossa neanche, a meno di non avere il gruppo sanguigno 0, ma poi per lavarsi la coscienza non basterà una settimana di detox con sedano e cetrioli.
Bidelli in sciopero per la dieta, 160 bimbi a casa nel Modenese
Cibo santo, cibo del demonio. Cibo come rito per liberarsi dal male, finché volere proteggere la salute a tutti i costi diventa a sua volta malattia e presa di posizione morale. Ci siamo convinti che il nemico è fra noi. Le brigate partigiane ortoressiche hanno lasciato gli ashram ayurvedici del Kerala e battono gli ipermercati occidentali diffondendo il verbo dello zenzero, della curcuma e del tarassaco. Senza tracce di ironia. Perché con il benessere non si scherza e con la religione nemmeno. Con diverse gradazioni di esaltazione ci siamo dentro un po’ tutti: se la salvezza passa dall’alimentazione, che senso ha abbattersi a colpi di cheeseburger quando il riso integrale ristabilisce l’armonia e la minestra di alghe riallinea con l’universo? Il problema è serio, la sfida quotidiana. "Ma vale poi la pena de soffrì lontano da ‘na tavola e ‘na sedia pensanno che se deve da morì?". Aldo Fabrizi andava al punto.
Ma il punto è che in tanti non soffrono affatto spostandosi da un fritto misto a un’insalata di germogli dell’orto. E consumano la loro scodella di miglio ora portando le prove scientifiche di uno scarto intelligente, ora facendone semplicemente una questione di fede.
Covid, allarme in Austria: "Abbiamo spazio in rianimazione solo perché pazienti muoiono"
Qualche giorno fa i bidelli di una scuola del Modenese hanno fatto sciopero a sostegno della dieta basata sui gruppi sanguigni. "Motivazione da avanspettacolo", ha reagito il sindaco di Castelfranco Emilia. Ma intanto mezza Italia andava a rileggersi le teorie del naturopata Peter D’Adamo che spopolarono negli anni ’90 senza prove inconfutabili: al gruppo 0 è congeniale la fiorentina che invece taglia le gambe al gruppo A, il B stia alla larga dal sesamo, il misto AB potrebbe scavarsi la fossa con il fagiolo di Spagna. Come negli oroscopi, dove la cosa più importante è trovare un senso di appartenenza e l’onnivoro potrebbe sempre avere un forte ascendente fruttariano.
Negli Stati Uniti, California in testa, gli "organic shop" sono insieme templi e boutique dove l’estimatore del Sauvignon Blanc della Napa Valley si fidanza con l’amante della rosa canina di Monterey e prende già appuntamento con il pediatra antroposofico perché c’è la fila. E i tedeschi, gente che sa digerire senza conseguenze wurstel, crauti e regole d’acciaio? L’ex primario del Policlinico di Milano Luciano Gattinoni, da anni in trasferta in Bassa Sassonia, finalmente confessa: Druidi del bosco. La Germania è nei guai con il Covid e galoppa al ritmo di 50 mila contagi al giorno perché il paese è pieno di naturisti e antiscientisti, sessantottini pazzi per la medicina ayurvedica legati a un ambientalismo ancestrale che considera buono tutto ciò che viene dalla natura e maligno quello che interviene ad alterarne il corso. Quindi niente carne processata, alla faccia del cliché, e niente vaccino. Ma la vita di chi sostiene che il futuro sia tutto tofu è dura.
Fa notizia la cacciata dello chef stellato Daniel Humm dal ristorante londinese Davies and Brook all’interno dell’hotel extralusso Claridge di Mayfair: voleva trasformare tutto il menù in tomo vegano, senza compromessi. L’albergo gli ha dato il benservito replicando di voler continuare a servire aragoste, caviale e foie gras agli ospiti disposti a pagare 125 sterline per una cena di quattro portate.