Covid, lo storico Ignatieff: "I no vax abusano della libertà di pensiero"

Lo storico canadese: si deve sempre pensare con la propria testa, ma se non si è degli esperti bisogna fidarsi della scienza

Michael Ignatieff, 74 anni, storico canadese, già rettore della Central European Universit

Michael Ignatieff, 74 anni, storico canadese, già rettore della Central European Universit

Bisogna sempre pensare con la propria testa, mettere alla prova le convenzioni radicate e perfino la nostra identità e la nostra cultura. "Però ci sono casi in cui è necessario non pensare secondo le proprie idee, ma ascoltare coloro che sanno quello di cui parlano. Quelli che rifiutano le vaccinazioni in nome del diritto di decidere da se stessi stanno mettendo tutti a rischio: il loro è un pericoloso abuso della libertà di pensiero", afferma netto il professor Michael Ignatieff, storico canadese, fino a pochi mesi fa rettore della Central European University. Esperto delle dinamiche dei conflitti etnici e dei diritti umani, nel suo Paese è stato anche leader del Liberal Party: al Festival Filosofia di Modena è stato invitato a parlare di "Libertà positiva e negativa", ovvero di tutte le volte in cui possiamo rivendicare il diritto (e anche il dovere) di pensare senza condizionamenti. "È fondamentale, purché si sia sempre preparati su quello su cui si vuole discutere. E soprattutto in un caso come quello dei vaccini, occorre saper ascoltare e fidarsi".

Perché, professore?

"Io sono uno storico, un insegnante: non so nulla di vaccini, non so nulla del mio corpo. Dunque devo fidarmi di chi conosce la materia. I risultati della scienza sono l’esito di centinaia d’anni di ricerca: l’autorevolezza della scienza non deriva dal fatto che Mario Draghi o un qualsiasi capo di governo ha deciso così, ma da un lungo lavoro di studio".

Quindi lei ha fiducia.

"Certamente. Proprio stamattina ho letto tre articoli sulla possibilità di un booster, una terza dose di vaccino: in due si diceva che probabilmente sarà necessaria, nel terzo si avanzavano dubbi. Quando il governo italiano decide cosa fare per gli italiani, certamente valuta i dati di tanti Paesi come Israele, Usa, Canada. Se qualcuno pensa di essere più intelligente di questo procedimento, in realtà si dimostra arrogante e stupido".

In generale, comunque, perché è difficile pensare con la propria testa?

"Perché il nostro pensiero è sempre sociale, germina dal contesto e dalla cultura di appartenenza, anche dalle mode. Pensare da se stessi significa diventare consapevoli di tutte le influenze convergenti, e cercare magari di metterle in discussione".

Per pensare da se stessi bisogna anche tradire le proprie origini?

"Occorre essere pronti non tanto a tradirle, quanto a sfidarle".

Qual è il ruolo degli insegnanti?

"Un buon insegnante non si limita a spiegare la struttura di una disciplina, ma espone anche i suoi limiti e i suoi punti deboli. Non è un ideologo, non è un politico, non vuole ricavare profitti, non deve cercare follower, ma provare ad aiutare i giovani a pensare da soli".

Nella sua lezione, lei ha anche sottolineato che la democrazia, con tutte le sue protezioni dei diritti, non è sempre un terreno favorevole alla libertà. Ovvero?

"Per dirla con De Tocqueville, qualche volta democrazia significa dittatura della maggioranza. Talora la democrazia arriva a legittimare correnti d’opinione e movimenti sociali che rendono molto difficile pensare con la propria testa. Vengono giustificati dicendo che si tratta della voce del popolo, e stare contro il popolo viene percepito come un atto non democratico, elitario. Invece a volte ci vuole coraggio per riuscire a opporsi al popolo, ma in certe circostanze occorre farlo".

La politica cosa le ha insegnato?

"Che gli intellettuali non dovrebbero andare in politica".

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