di Raffaele Marmo La magistratura organizzata va alla guerra contro la riforma Cartabia della Giustizia. Non sono bastati i compromessi (anche al ribasso) tra le forze della maggioranza, con il Pd a fare da pontiere, per scongiurare l’utilizzo dell’arma finale contro la legge delega attualmente all’esame del Senato. E non è bastata la moral suasion riservata ma pressante del Presidente della Repubblica per evitare strappi laceranti tra i poteri dello Stato. Le spinte corporative di giudici e pm, sotto la regia dell’Associazione nazionale magistrati, hanno fatto premio su tutto. E così, alle cinque della sera di un lungo sabato d’assemblea, ha prevalso la linea dura, con 1.081 voti favorevoli, 169 contrari e 13 astenuti, con la proclamazione di una (prima) giornata di sciopero (da mettere in programma nei prossimi giorni) e di un’ampia mobilitazione in tutta Italia, con "una manifestazione pubblica in luoghi simblo", aperta ai cittadini, se non ci saranno correzioni di rotta gradite all’Anm. Nella mozione che ha dato via alla protesta si tenta di rendere meno drastica e più accettabile la decisione della rottura: "Non scioperiamo per protestare, ma per essere ascoltati, non scioperiamo contro le riforme, ma per far comprendere, dal nostro punto di vista, di quali riforme della magistratura il Paese ha veramente bisogno". Non basta: "Per questa idea di Paese ci troviamo costretti a scioperare, per questa idea della Magistratura, che non è solo nostra, ma è quella contenuta nella nostra splendida Costituzione". Un lungo cahier de doleance accompagna l’iniziativa: nel mirino dell’Anm i principali punti-cardine della riforma, dalle nuove regole sulla durata per accorciare la durata dei processi a quel minimo di semi-separazione delle carriere che introduce, fino al fascicolo di valutazione del lavoro dei magistrati. Più in generale, il presidente dell’Associazione, Giuseppe Santalucia, insiste: nessun ritorno al conflitto tra politica e magistratura ...
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