Mercoledì 24 Aprile 2024

I magistrati sfidano la politica "Logiche punitive, scioperiamo"

L’Anm vota compatta contro la riforma del Csm. E accusa: "In quel testo c’è il vizio del risentimento"

Migration

di Raffaele Marmo

La magistratura organizzata va alla guerra contro la riforma Cartabia della Giustizia. Non sono bastati i compromessi (anche al ribasso) tra le forze della maggioranza, con il Pd a fare da pontiere, per scongiurare l’utilizzo dell’arma finale contro la legge delega attualmente all’esame del Senato. E non è bastata la moral suasion riservata ma pressante del Presidente della Repubblica per evitare strappi laceranti tra i poteri dello Stato.

Le spinte corporative di giudici e pm, sotto la regia dell’Associazione nazionale magistrati, hanno fatto premio su tutto. E così, alle cinque della sera di un lungo sabato d’assemblea, ha prevalso la linea dura, con 1.081 voti favorevoli, 169 contrari e 13 astenuti, con la proclamazione di una (prima) giornata di sciopero (da mettere in programma nei prossimi giorni) e di un’ampia mobilitazione in tutta Italia, con "una manifestazione pubblica in luoghi simblo", aperta ai cittadini, se non ci saranno correzioni di rotta gradite all’Anm.

Nella mozione che ha dato via alla protesta si tenta di rendere meno drastica e più accettabile la decisione della rottura: "Non scioperiamo per protestare, ma per essere ascoltati, non scioperiamo contro le riforme, ma per far comprendere, dal nostro punto di vista, di quali riforme della magistratura il Paese ha veramente bisogno". Non basta: "Per questa idea di Paese ci troviamo costretti a scioperare, per questa idea della Magistratura, che non è solo nostra, ma è quella contenuta nella nostra splendida Costituzione".

Un lungo cahier de doleance accompagna l’iniziativa: nel mirino dell’Anm i principali punti-cardine della riforma, dalle nuove regole sulla durata per accorciare la durata dei processi a quel minimo di semi-separazione delle carriere che introduce, fino al fascicolo di valutazione del lavoro dei magistrati.

Più in generale, il presidente dell’Associazione, Giuseppe Santalucia, insiste: nessun ritorno al conflitto tra politica e magistratura come nella "stagione di Mani Pulite", ma "non vogliamo leggere nella riforma il tentativo di ritorsione sui magistrati" e vediamo "il pericolo di una svolta costituzionale, che in questo momento non c’è" ma che tuttavia "non risponde allo spirito della Costituzione" anche qualora venisse giudicato "compatibile" dalla Consulta. Sulla stessa linea il segretario del sindacato delle toghe Salvatore Casciaro: "Questa riforma, nata in una difficile congiuntura, appare viziata proprio dal risentimento. È una riforma permeata da logiche aziendalistiche, che mira all’efficienza e pensa ai tribunali come a catene di montaggio".

Il punto è che la mossa drastica delle toghe rischia di riaprire il conflitto con la politica e la stessa tenuta dell’accordo sulla riforma. Se grillini (con Giulia Sarti applaudita dal consesso dei magistrati) e Pd tentano di smussare i toni, di tutt’altra natura sono le reazioni di Lega, Forza Italia e Azione. "Per me – avvisa Giulia Bongiorno –, la riforma non va chiusa così: la mia idea è che si tratta di una riforma blanda, serve invece che sia molto più incisiva, va migliorata al Senato". Nessuna mano tesa da Enrico Costa di Azione che boccia lo sciopero: "Il Parlamento non si farà condizionare". Un concetto ripreso e amplificato da Antonio Tajani, di Forza Italia: "Lo sciopero è una violazione dei principi repubblicani e della separazione dei poteri". E altrettanto duro è il leader dei penalisti: "Non vi è nessun altro Paese al mondo – tuona il presidente delle Camere penali Gian Domenico Caiazza – dove per ogni governo che si forma vengono messi fuori ruolo 200 magistrati, e tacete su tutto questo. Non potete chiudervi in un fortino per cui ogni modifica riformatrice la vivete come un assalto".

Ma, alla fine, tornano prepotenti le parole del Capo dello Stato di qualche mese fa perché i magistrati per primi operino con "un ritrovato rigore", dopo tutte le ferite che hanno portato la magistratura ai livelli minimi del consenso pubblico.