Venerdì 19 Aprile 2024

I grillini e il tabù termovalorizzatori Gli esperti: basta dogmi sui rifiuti

Il sindaco della Capitale vuole costruirne uno entro il 2025. E la decisione riaccende un vecchio dibattito. Il professor Grosso: "Sono necessari, producono energia". Ma gli ambientalisti la pensano diversamente

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di Alessandro Farruggia

ROMA

Con la scelta del sindaco di Roma di costruire un inceneritore nella Capitale entro il Giubileo del 2025 (missione virtualmente impossibile), si riapre – anche nel governo – la battaglia sui termovalorizzatori. Che a Copenaghen o Vienna hanno trovato un loro spazio e sono accettati dalla popolazione mentre da noi, ove ci sono, vengono costruiti – da Parma ad Acerra – solo dopo lunghe battaglie. Dimenticati gli antiquati e inquinanti inceneritori degli anni ’80, gli impianti costruiti oggi sono termovalorizzatori con recupero di calore e produzione di elettricità e trattamento di filtraggio dei fumi, per ridurre significativamente le emissioni. E servono a smaltire senza mandarla in discarica quella quota di rifiuto urbano che non è riciclabile. Ma per i grillini restano un tabù.

"Premesso che la raccolta differenziata è e deve essere la priorità – osserva il professor Mario Grosso, docente di gestione e trattamento dei rifiuti solidi al Politecnico di Milano – anche facendo una raccolta differenziata molto spinta, diciamo tra il 65 e il 70%, ho comunque un 25-30% di materiale che non riesco a recuperare. A questo vanno aggiuntI gli scarti della raccolta differenziata, che sono circa il 15-20% del totale. Il che significa che ho circa un 40-45% dei rifiuti solidi urbani che non posso recuperare. Volendo giustamente porre fine allo smaltimento in discarica, la termovalorizzazione consente di trattare correttamente il rifiuto e produrre energia e calore per il riscaldamento urbano". "Bisognava pensarci, specie al centro-sud, almeno 15 o 20 anni fa– prosegue Grasso – ma la cultura del no agli impianti, non solo termovalorizzatori ma impianti anche per il riciclo, una esasperata cultura del no ci ha portati in aree come la capitale ad una situazione di non sostenibilità. E quindi, sì, a Roma un impianto di termovalorizzazione è assolutamente opportuno e necessario".

Ma gli ambientalisti, anche i più responsabili, la pensano diversamente. "Noi che non abbiamo mai avuto paura dei termovalorizzatori e che negli anni ’90 avevamo apertamente sostenuto la necessità di costruirne alcuni – osserva Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – oggi non siamo d’accordo. Fino a 15 anni fa avevano un senso, ora le scelte devono essere diverse. Roma deve puntare sull’economia circolare e costruire non due ma 15 digestori anaerobici per produrre biometano dai rifiuti. E quel 10% che resta da una raccolta differenziata spinta potrebbe andare in discarica o all’inceneritore di Colleferro. Ma un nuovo termovalorizzatore non serve. Noi difendiamo la necessità di fare gli altri impianti per il trattamento dei rifiuti, anche contro il parere di comitati locali, ma non di un termovalorizzatore da 600 mila tonnellate a Roma, che sarebbe sovradimensionato e imporrebbe di fatto di limitare al 55-60% la raccolta differenziata. E questo sarebbe un grave errore. Sarebbe antistorico. Non a caso l’Ue non finanzia inceneritori nel Recovery plan europeo".

"Non bisogna aver paura dei termovalorizzatori – ribatte Grosso – che oggi sono soggetti a limiti emissivi più stringenti rispetto ad altri impianti industriali. Si parla molto di modelli come l’inceneritore di Copenaghen, ma non bisogna andare così lontano per vedere degli impianti che funzionano bene. Da un punto di vista ambientale i nostri impianti, penso a quelli di Parma, di Milano, di Torino, sono tra i migliori in assoluto. Laddove servono come parte di un corretto ciclo di smaltimento, non devono essere un tabù".