I grillini dettano le condizioni: niente Mes Ma su Italia Viva la base è pronta a esplodere

Il M5s ribadisce: il nome del premier è "indiscutibile". L’ala vicina a Di Battista in rivolta, l’incognita di un voto su Rousseau

di Elena G. Polidori

Su Conte non si discute. E neppure sul Mes. Ma serve – subito – un cronoprogramma (parola desueta per i grillini, ndr) "che dia un’indicazione certa del lavoro che questo governo dovrà svolgere e che dovrà essere sottoscritto da tutte le forze politiche che intendono partecipare a questo percorso". Vito Crimi, il capo dei 5 Stelle ieri alla Camera, occhi negli occhi con i compagni d’armi dei bei tempi che furono Roberto Fico, oggi presidente della Camera con in tasca il mandato esplorativo del Quirinale per trovare una maggioranza solida che scongiuri le urne, ha buttato sul tavolo i punti non ‘disponibili’ per il M5s.

Dopo oltre un’ora di colloquio, è stato il capo politico grillino a raccontare le condizioni del partito di maggioranza relativa: "Eliminare dal tavolo i temi divisivi", primo fra tutti il Mes ed elaborare un patto di programma, con tanto di indicazione di temi e tempi, che andrà sottoscritto da tutti i partiti della maggioranza "pubblicamente e solennemente". Di certo, non un’apertura di credito a Matteo Renzi a costo zero, bensì la ferma intenzione di una sottoscrizione pubblica di un patto che dovrà blindare – nelle intenzioni grilline – l’eventuale nuova alleanza. Costringendo i renziani – questa l’idea grillina – a rispettare la parola data. Perché ormai la fiducia nell’alleato è venuta meno ed è meglio che un ‘notaio pubblico’ certifichi l’eventuale contratto di legislatura. Certo, Conte resta indiscutibile, ed è "il frutto della sintesi e dell’equilibrio raggiunto attorno alla sua figura" – ha spiegato ancora Crimi – ma sul no al Mes non si tratta, perché, comunque, non c’è la maggioranza".

I punti di snodo di un possibile patto di legislatura sono quindi tutti da oliare, con il M5s che resta ancora profondamente diviso sull’apertura a Renzi, elemento che ha reso Alessandro Di Battista (a cui si sono associati in parecchi, a partire da Nicola Morra) una mina ancora più vagante di quanto non lo sia stata finora. Ma non c’è solo lui a rendere il ventre molle grillino un vulcano sul punto di esplodere.

Ieri, mentre la delegazione ‘dei capi’ era a colloquio con il presidente della Camera, ’Parole Guerriere’, il gruppo che fa capo a Dalila Nesci, da sempre critico nei confronti del vertice stellato, ha dettato le sue condizioni: "L’esecutivo – si legge nel ‘proclama’ del think tank stellato – dovrà nascere forte di un M5s fermo sui temi identitari che coincidono con le sei missioni del Recovery plan; ‘Parole Guerriere’ è leale e coeso perché consapevole del ruolo che ha nella definizione della strategia del nuovo patto di legislatura". Non è ancora finita. Crimi ha ammesso che "ci saranno altri incontri", prima di arrivare alla soluzione del problema, i 5 Stelle guardano soprattutto al Senato. Dove i critici potrebbero chiedere un voto (forse su Rousseau) per votare il ‘patto di legislatura’ con gli iscritti. Creando problemi a Renzi. I fedelissimi di Conte non sono pochi, ma i ’dibattistiani’ esistono.

E i numeri sono il problema. Lo strappo sull’apertura del M5s, per altro, non ha generato entusiasmi tra gli attivisti. E allora i duri e puri del M5S provano ad aggrapparsi a Rousseau, rivestendolo da "arbitro" di governo. "In questa crisi sarebbe inopportuno", è l’opinione di diversi deputati governisti dell’ala Di Maio. Che, tuttavia, attendono solo il via del loro ‘vero leader’ per uscire allo scoperto a dargli sostegno come prossimo premier.