I grillini aprono a Iv (purché resti Conte) Scoppia la grana Dibba: così me ne vado

Il M5s prova la carta del disgelo con i renziani: "Confrontiamoci, ma serve lealtà". L’ala dura e pura non ci sta, venti di scissione

di Elena G. Polidori

Il grido “mai più con Renzi“ sembra un ricordo polveroso. Il M5s ieri è salito al Quirinale, con il leader (per sempre) Vito Crimi a capo della delegazione, per riferire al Capo dello Stato che i 5 stelle non chiudono al leader di Iv, ma pongono due paletti: un patto di legislatura con le forze politiche che comporranno la nuova maggioranza e – soprattutto – Giuseppe Conte come premier del nuovo governo. "L’unica persona in grado di presiedere questo governo, per il M5s è Giuseppe Conte", ha detto Crimi.

Parole spiazzanti per la base grillina, con il ventre molle parlamentare che si è lacerato davanti all’ennesimo inchino concesso al ‘rottamatore’ di Rignano per paura di vedersi decimati dentro le urne delle (sempre possibili) elezioni anticipate. Un inchino a cui Alessandro Di Battista ha reagito minacciando – almeno in apparenza – una scissione seduta stante: "Prendo atto che oggi la linea è cambiata. Io non ho cambiato opinione. Tornare a sedersi con Renzi significa commettere un grande errore politico e direi storico – ha commentato ‘Dibba’ – significa rimettersi nelle mani di un “accoltellatore” professionista che, sentendosi addirittura più potente di prima, aumenterà il numero di coltellate. L’ho sempre pensato e lo penso anche adesso. Se il Movimento dovesse tornare alla linea precedente io ci sono. Altrimenti arrivederci e grazie".

Dibba strappa, quindi? Ovviamente no. Anzi, solo poco dopo questa ‘sfuriata’ ha voluto chiarire di non avere alcun "rancore" nei confronti di chi "non la pensa come me" ma di certo, ha assicurato "non faccio scissioni o mi metto a creare correnti; non è da me".

Però c’è chi assicura, dentro il Movimento, che le truppe dell’ex deputato di Roma Nord (a cui potrebbe essere offerto un ministero nel caso in cui Di Maio fosse incaricato premier, ndr) siano in grado di rendere la vita difficile alla prossima maggioranza soprattutto al Senato. D’altra parte, proprio in questi ultimi giorni di febbrili trattative dietro le quinte, è emerso un fronte grillino di almeno 40 parlamentari (e non tutti vicini a Dibba) decisamente contrari all’apertura a Renzi. Che Crimi, proprio dai microfoni del Quirinale, ha cercato di far rientrare. "Si può accettare – ha detto – che ci siano veti o personalismi? Oppure è il momento della responsabilità e di fare un passo avanti e farlo tutti insieme?". Basterà questo per far rientrare la fronda?

A ben guardare, quelli che sembrano meno inclini ad abbassare la testa sono proprio i duri e puri di sempre, l’ala più intransigente vicina a Di Battista. Come l’ex ministra Barbara Lezzi, che ieri, dopo le dichiarazioni di Crimi, ha rotto gli indugi: "Quanto annunciato è un repentino cambio di linea al quale, per essere legittimato, deve seguire un voto degli iscritti; anche in questo caso è necessario". E, subito dopo, Nicola Morra, presidente della commissione Antimafia: "Se ci trasformiamo in dorotei ne prenderò atto e tornerò a casa. Io sono in una casa politica per fare la guerra per il cambiamento: se il cambiamento questa casa politica non lo vuole più fare, ne prenderò atto e non escludo le dimissioni".