Giovedì 18 Aprile 2024

I ‘gretini’ ora si stendono sulle strade Se l’ambiente è contro lo sviluppo

Anche ieri a Roma attivisti integralisti hanno chiesto lo stop alle trivellazioni di gas creando disagi a chi lavora. Dalla gestione dell’acqua all’energia, tutte le volte che i "no" hanno rappresentato un freno al progresso

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di Pierfrancesco

De Robertis

L’ultima moda dei "gretini" (i seguaci di Greta Tumberg) sono adesso i blocchi delle autostrade e dei raccordi autostradali. Quelli che la gente usa tutte le mattine per andare a lavorare, e che vengono ogni giorno di più presi d’assalto da sedicenti "ambientalisti" che si distendono sull’asfalto, fermano il traffico e mandano su tutte le furie migliaia di persone alle quali producono danni enormi, se non altro mandandogli di traverso la giornata. L’ultimo è accaduto ieri a Roma, tra le uscite Casilina e Appia, e qualche giorno fa lo stesso copione si era visto a Milano e sempre a Roma. A dar vita a quello di ieri nella Capitale sono stati gli aderenti al gruppo "Extinction Rebellion", qualche decina di ragazzotti dall’aria di chi non ha niente da fare e non ha mai lavorato in vita propria, che si armano di telecamere (caso mai a qualcuno scappasse davvero la pazienza e si facesse giustizia da solo), fischietti, cartelli, striscioni e si distendono sull’asfalto. Nei giorni scorsi, sempre lo stesso gruppo, aveva messo in atto un altro blitz sul Gra per protestare contro l’abbattimento dei cinghiali disposto dalle autorità. Dopo poco che il traffico viene fermato, arriva la polizia, li identifica e poi tanti saluti, al prossimo blocco. Della serie: se passi con il giallo o blocchi un passo carraio ti prendi qualche centinaio di euro di multa e punti sulla patente, se fermi un’autostrada per ore niente. La solita Italia.

Ma al di là del clima di impunità di cui questi simpaticoni approfittano (sono sempre i soliti, se dopo il primo tentativo avessero subito una sanzione "vera" non ci avrebbero riprovato), è la motivazione che colpisce. A guerra ucraina in corso, con la crisi dell’energia ormai conclamata, la loro richiesta è quella di "dire no al gas". Vista la situazione internazionale è purtroppo probabile che saranno accontentati, ma è altrettanto verosimile che quest’inverno non accetteranno di stare al freddo, o di scaldarsi con una stufetta a legna.

E’ la solita storia, quella di un ambientalismo che cerca il proprio quarto d’ora di notorietà e sa declinarsi solo in una accezione integralista. Chiedere che per l’ambiente si faccia di più e meglio è sacrosanto, farlo a discapito dello sviluppo è folle. E se adesso chiudessimo al gas e al carbone (finché ci saranno i problemi di apprigionamento che sappiamo) assesteremmo un colpo mortale a quel progresso che si deve favorire. E’ la storia di un ambientalismo che sa dire solo "no" in un paese che invece ha disperato bisogno di "si", e che ha fatto aggio sull’ignavia di una classe politica poco incline a prendersi le responsabilità per bloccare lo sviluppo. Meno male che nel Settecento non c’erano i talebani-ambientalisti di adesso, altrimenti l’ingegnere gesuita Leonardo Ximenes non avrebbe potuto dispiegare tutti gli strumenti a disposizione all’epoca e avviare l’opera di modifica paesaggistica più imponente vista fino ad allora in Italia, trasformando nel tempo la Maremma dalla palude pestilenziale disegnata da Madre natura in terra fertile e adesso invidiata da tutti.

E non parliamo solo degli impuniti di "Extinction Rebellion". Quelli alle fine con i due schiaffoni che meriterebbero si mettono a posto. I danni inferti al paese dall’ambientalismo integralista sono altri. Pensiamo ai no alle trivelle, quanto li paghiamo adesso in termini mancato approvvigionamento energetico. O alla gestione dell’acqua. Anche qui decenni di inazione, dovuti spesso a scrupoli o sollecitazioni di ambientalismo del "no" conditi con un’impostazione ideologica iperstatalista e purtroppo fallimentare. A ben guardare le uniche grandi opere pubbliche fatte in Italia negli ultimi venti anni sono legate a progetti in cui erano coinvolti anche i privati, ossia autostrade (variante appenninica) e direttissima ferroviaria Milano-Salerno. Per legittimi motivi di business. Nell’acqua, specie dopo il folle referendum del 2011, i privati sono stati estromessi, e questo è il risultato. Senza scordare, ma qui siamo quasi al colore, ai numerosi stop per i parchi eolici perché le pale danno noia ai pipistrelli, al blocco a tante strade altrimenti si schiacciano le rane, ad altre opere pubbliche per non impedire le riproduzione di certi uccelli rarissimi. Finirà che si salvano i pipistrelli ma ci estingueremo noi.