I coreani prendono in giro la Panda? Guai a chi la tocca: è la nostra storia

Uno spot Hyundai ironizza sulla mitica auto Fiat, insorge Lapo Elkann. Loro non capiscono che piccolo è bello

I coreani prendono in giro la Panda

I coreani prendono in giro la Panda

Pochi lo sanno ed è persino giusto, visto che parliamo di una vita fa. Eppure, quasi venti anni orsono, all’alba del suo interesse dinastico e professionale per le automobili, fu proprio Lapo Elkann, nipote dell’Avvocato, a esternare una sincera ammirazione per i concorrenti coreani. Lo fece in una intervista rilasciata a chi scrive.

"Sono molto creativi – ebbe a dire il rampollo di casa Fiat –. Penso che conquisteranno un posto di rilievo tra i grandi player dell’automotive".

A dispetto di tante ingenerose ironie sul suo conto, tra gli eredi Agnelli proprio Lapo è sempre stato il più attento e il più lucido, a proposito di dinamiche del mercato a quattro ruote. Ne capisce perché ha la passione dentro. Non per caso fu lui a tenere a battesimo il rilancio Fiat a cavallo tra fine Novecento e secolo nuovo, scommettendo sulla Punto rivista e sulla Cinquecento. E ha avuto ragione anche sul valore dei coreani, intesi come competitor. Solo che.

Solo che, a Seul e dintorni, hanno un poco esagerato. O magari si sono montati la testa, chissà. Insomma, è cronaca fresca: per celebrare i meriti delle sue vetture, la Hyundai in uno spot si è permessa di ironizzare sui limiti presunti della gloriosa Panda. Che lascerebbe a piedi il fattorino delle pizza provvidenzialmente ’salvato’ dall’ultimo modello coreano che passa di lì. "Io non ci sto – replica Lapo –. La Panda va in fumo? Sì, ma quando parte il decollo in verticale". Quella macchina è l’icona di una certa Italia che esiste e che resiste, il microbolide che ha divertito, consolato, entusiasmato generazioni di italiani. Dalla primissima versione Anni Settanta alle evoluzioni a metano, dal Pandino al Pandone che tentò persino di vincere la Parigi Dakar, saltabeccando sulle dune del deserto.

Ah, la Panda! Più di mille idiozie propinate a mezzo stampa, video e web dai saccenti del nulla, quella macchina lì spiega alla perfezione l’intelligenza irriducibile di un popolo. Il nostro.

La Panda è l’Italia – avrei voglia di aggiungere – perché celebra sublimandolo il concetto di piccolo è bello. Qui ce la possiamo menare con le manie di grandezza del Bel Paese, con la ossessione del confronto con le ammiraglie da strada tedesche e bla bla bla. Qui possiamo persino riconoscere che l’Italia difetta di giganti, a livello industriale e a livello digitale.

Tutto giustissimo, per carità. Ma la Panda è la Panda e guai a chi ce la tocca. I coreani hanno genio e hanno capacità produttiva, sono bravi e tanti complimenti.

Ma non si tocca impunemente un mito! Lapo Elkann l’ha capito, nella sua istintiva e non di rado precaria genuinità. E infatti ha risposto, lui, il nipote del Nonno icona, alla provocazione dei coreani. Lo ha fatto sui social, lo ha fatto captando quel filo di irritazione che noi italiani non sempre siamo in grado di manifestare, quando si tratta di piccoli (la Panda è piccolissima!) simboli nazionali.

Usino, i coreani, la vetturetta che vogliono, per recapitare le pizze calde calde. Noi ci terremo la Panda. Con i suoi difetti, con le sue dimensioni strette strette, con i suoi fumi, con quello che volete.

Ma noi ci abbiamo fatto pure all’amore, sulla Panda.