I cinquant’anni della legge Dagli obiettori di coscienza al servizio civile universale Più domande che posti

Nuova norma nel 2001: sono stati impegnati 510mila giovani contro 1,6 milioni di candidature. Con la fine della leva obbligatoria, il sistema ha favorito il passaggio al mondo del lavoro

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di Lorenzo

Guadagnucci

Il mensile Azione Nonviolenta titolò addirittura: "Votata la legge truffa sull’obiezione di coscienza". Eppure la legge Marcora, approvata il 15 dicembre 1972, giusto mezzo secolo fa, rappresentò un passo politico importante per la democrazia italiana. Un passo sofferto, costato anni di galera a decine di obiettori di coscienza, condannati per renitenza alla leva e rinchiusi nelle carceri militari di Gaeta, Peschiera del Garda, Forte Boccea. Erano personaggi come Piero Pinna, il primo obiettore di coscienza (nel 1948) per ragioni politiche – cioè per la sua persuasione nonviolenta e antimilitarista – o il cattolico Giuseppe Gozzini, e ancora tanti attivisti anarchici, pacifisti, radicali (molto conosciuto, negli anni Settanta e seguenti, Roberto Cicciomessere). La legge Marcora portava a compimento, con le sue imperfezioni e lacune, lo spirito pacifista della Costituzione e del suo articolo 11 (quello che "ripudia" la guerra), sostenuto da un movimento di base che trovava ascolto soprattutto fra i parlamentari dell’area socialista e della sinistra democristiana.

Alle manifestazioni, gli scioperi delle fame, gli arresti degli obiettori, si era aggiunto, nella seconda metà degli anni Sessanta, il caso di don Lorenzo Milani e del suo scontro con i cappellani militari, che avevano definito "espressione di viltà" ed "estraneo al comandamento cristiano dell’amore" il rifiuto del servizio militare. Il prete fiorentino rispose con la sua celebre lettera passata alla storia col titolo L’obbedienza non è più una virtù, una sorta di manifesto, un testo che gli costò un processo e una condanna, nel 1967, dichiarata estinta solo per "morte del reo".

Azione Nonviolenta parlò nel ‘72 di “legge truffa” perché la “772” poneva molti limiti alle domande di obiezione, ammesse solo per motivi etici e religiosi e non politici e sottoposte all’esame di una commissione (giudicata un inaccettabile "tribunale delle coscienze"); la legge disponeva anche una “punizione”: otto mesi di servizio in più (venti invece di dodici). E tuttavia la legge Marcora aprì una stagione nuova. Nacque il servizio civile, sia pure in modo molto accidentato, con una miriade di enti accreditati, non sempre all’altezza della situazione, e l’opzione nonviolenta e pacifista fu definitivamente accreditata sul piano sociale e culturale, al punto che la Corte costituzionale, nel 1995, sancì la pari dignità di servizio civile e militare e quindi identica durata (dodici mesi).

A quel punto la scelta del servizio civile si svincolò dalle forti convinzioni dei primi obiettori e diventò un fenomeno diffuso, premessa logica della sua “seconda vita”, coronata con una legge ad hoc del 2001 e il superamento della leva obbligatoria. Da allora il “servizio della patria senz’armi” è aperto a maschi e femmine e nel 2007 è diventato “universale”, per quanto non riguardi davvero tutti: possono fare domanda i giovani fino a 29 anni, ma i posti sono limitati, legati agli stanziamenti ministeriali. L’ultimo finanziamento, per il 2022, è di 360 milioni e consentirà l’impiego di oltre 71mila giovani, ma scenderanno a 55mila nel 2023 e 25mila per 2024 e 2025. Troppo pochi, se si considera che dal 2001 a oggi, secondo le stime del sociologo Maurizio Ambrosini (autore con Anna Cossetta de Il nuovo Servizio civile, il Mulino), sono stati impegnati 510mila giovani (65% donne), ma a fronte di 1,6 milioni di candidature.

Il servizio civile delle origini prevedeva la sperimentazione di modelli di difesa nonviolenta e di Corpi civili di pace, da impiegare in zone di conflitto etnico o geopolitico. Qualche esperienza è stata fatta ma lo Stato non ha mai davvero creduto in questa opzione e col tempo, come scrive Ambrosini, il servizio civile ha assunto "l’obiettivo di favorire la transizione dal sistema educativo al mondo del lavoro, sviluppando le competenze professionali dei partecipanti". Le cose però cambiano in fretta e mentre si è tornati a combattere in Europa, l’idea dei Corpi civili di pace ha ripreso slancio: è del maggio scorso un bando per 250 volontari da impegnare in una nuova sperimentazione. Non è un caso: il servizio civile si è dimostrato aperto ai mutamenti sociali e culturali, perciò è legittimo chiedersi, nell’Italia dell’astensionismo al voto e in deficit di senso civico, se non sia il momento di mettere all’ordine del giorno una proposta più volte espressa ma sempre ignorata: il servizio civile obbligatorio, inteso come palestra di cittadinanza attiva.