I camion carichi di bare, Bergamo ricorda La promessa solenne di Draghi: "Mai più"

La celebrazione della prima giornata nazionale delle vittime di Covid. Il sindaco Gori avverte: "Siamo ancora lontani dalla fine"

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di Giambattista Anastasio

Mancano dieci minuti alle 11 quando Paolo Fresu inizia a puntellare di note il silenzio che avvolge il Parco alla Trucca. Brevi assoli che riempiono il prato dove è stato allestito il palco, un prato ancora disadorno di chiome, quasi compresso tra l’ospedale Papa Giovanni XXIII e la circonvallazione di Bergamo. La sua tromba non segue spartiti: sono prove, le sue. La cerimonia inizierà da lì a 20 minuti. Prove di musica, dopo un anno di silenzi scanditi dalle sirene delle ambulanze. Prove di musica, dopo il silenzio col quale il 18 marzo 2020 il mondo intero seguì quella colonna di camion militari intenti a portare fuori città le bare di tanti bergamaschi. Prove di musica per accompagnare un evento che fino a un anno fa sarebbe stato impensabile: la giornata nazionale in memoria delle vittime del Coronavirus, la prima della storia. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha promulgato proprio ieri mattina la legge che istituisce la ricorrenza. A loro, alle vittime del Covid, saranno dedicati gli 850 alberi che saranno via via piantati nel parco di Bergamo. Tutti insieme faranno il Bosco della Memoria.

La cerimonia inizia alle 11.15. E con un minuto di silenzio. Quindi la tromba di Fresu. Poi le parole dal palco dove si avvicendano Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, Elena Carletti, presidente dell’associazione dei Comuni virtuosi, Ave Vezzoli, coordinatrice infermieristica del Papa Giovanni XXIII, che ha dato un contributo fondamentale alla conversione di tanti reparti in repati Covid, e infine il presidente del Consiglio, Mario Draghi. Presente anche il governatore lombardo Attilio Fontana, ma la scaletta organizzata dal Comune di Bergamo non contempla suoi interventi. Presente Luca Fusco, il presidente del comitato ’Noi denunceremo’, quello che riunisce i famigliari delle vittime del Coronavirus, quello che è stato invitato alla cerimonia martedì, con sole 24 ore di preavviso, quello che ieri ha fatto sapere di aver chiesto invano un colloquio con Draghi a margine della commemorazione.

Dopo il minuto di silenzio, dopo l’assolo di Fresu, le parole che restano e che segnano questa prima giornata in memoria delle vittime del Covid sono quelle dello stesso Draghi, quando sottolinea che "lo Stato c’è e ci sarà", quando si assume l’onere di due promesse, una rivolta agli anziani e l’altra relativa alla fin qui tormentatissima campagna vaccinale. "Siamo qui per promettere ai nostri anziani che non accadrà più che le persone fragili non vengano adeguatamente assistite e protette. Solo così – afferma Draghi – rispetteremo la dignità di coloro che ci hanno lasciato". Il verdetto dell’Ema su Astrazeneca arriverà nel pomeriggio ma intanto il premier promette, promette ancora: "La campagna vaccinale proseguirà con la stessa intensità. L’incremento nelle forniture di alcuni vaccini aiuterà a compensare i ritardi di altre case farmaceutiche". "Ricostruire senza dimenticare", l’appello col quale conclude Draghi.

Più tardi, a cerimonia conclusa, Camillo Bertocchi, sindaco di Alzano Lombardo, uno dei due Comuni di quella zona rossa che avrebbe dovuto essere e che invece non fu, farà sapere che lui, a marzo 2020, "dallo Stato" si è "sentito abbandonato": "Pensavamo di essere invincibili e invece ci è mancato pure l’ossigeno da dare ai nostri cari". Dure, a tratti, anche le parole di Gori: "Avevamo sognato che questa giornata segnasse la fine della lunga e dolorosa pagina della pandemia. Non ci siamo ancora, però. Manca poco, ma non ci siamo ancora". Quindi l’affondo sull’impossibilità di dare a tutti la memoria che meritano, quasi un ultimo, involontario, oltraggio: "La metà dei nostri morti non figura nelle statistiche ufficiali". Rotte dalla commozione le parole della Vezzoli: "Noi che sapevamo curare, noi che sapevamo guarire, ci siamo trovati a fare i conti con un susseguirsi di perdite di vite umane. Ciò che resta – però – è la forza dell’unione del personale sanitario e della nostra comunità, la fiducia nella scienza, nel buon senso della gente, in un sistema sanitario che ha reagito". Ciò che resta è il tiglio piantumato ieri alla fine della cerimonia sulle note della tromba di Fresu.