di Riccardo Jannello
Il lato oscuro della Luna non è solo un memorabile brano dei Pink Floyd, ma quello che mai si rivolge alla Terra: il nostro unico satellite ha una rotazione sincrona con la nostra, quindi la superficie che non vediamo mai è stata resa nota solo dalle esplorazioni spaziali. Ci sono tre uomini che l’hanno vista ricadendo verso il nostro pianeta dopo avere perduto la Luna, come dice agli oblò di Apollo 13 Jim Lovell, che pure con i suoi colleghi ha il record di uomo più lontano dalla Terra: oltre 400mila chilometri.
Il fallimento della missione del 1970 è stato in parte il prodromo all’interruzione delle missioni, anche se dopo quella altri quattro equipaggi hanno posto piede sul nostro satellite, fino all’Apollo 17 di Cernan, Evans e Schmitt il 7 dicembre 1972; poi tutto finì sia per motivi strategici (quale vantaggio ci ha portato?) sia economici. La corsa quindi è continuata senza uomini, ma adesso l’Ente americano ha deciso di tornare sulla Luna, però vista non più come approdo principale ma come stazione di transito per le missioni su Marte: sbarcare sul Pianeta Rosso è l’ambizione non solo americana, ma anche dei suoi due più agguerriti rivali, in primis la Cina visto che in questo momento la Russia (ma entrambe hanno già "allunato" moduli senza persone) ha ben altro a cui pensare. Nella corsa allo spazio si sono inseriti in modo potente assieme agli europei anche altre nazioni, come India e Giappone, ma quest’ultima ha miseramente fallito l’approccio. Il lander Hakuto-R dell’azienda privata Ispace, si potrebbe essere schiantato il 26 aprile contro la superficie del satellite non avendo più dato segnali di sé al termine di una missione nella quale sembrava avesse raggiunto tutti gli obiettivi prestabiliti. Ma l’allunaggio non potrà essere confermato. Hakuto-R era riemerso dalla faccia oscura quando mancavano ormai pochi minuti, ma poi i contatti si sono interrotti a 90 metri dal suolo e una velocità ridotta a 33 chilometri orari. All’ora prestabilita e fino a oggi non se ne sa più niente.
Il modulo del magnate Takeshi Hakamada è come scomparso, allo stesso modo dei miliardi di yen persi in Borsa da Ispace a causa del flop lunare. Che non è stato l’unico di un Paese diverso dai tre grandi: anche Israele con un lander di una società privata tentò di arrivare sulla Luna, ma Beresheet (letteralmente "In principio", capoverso della Genesi) della SpaceIL si schiantò alle sette della sera dell’11 aprile 2019 fallendo la missione e privando il piccolo Stato di un successo che avrebbe dato molta spinta alla sua industria non solo spaziale. Così in attesa del 2025 quando la Nasa tornerà sulla Luna (già un anno dopo il previsto), bisogna tornare indietro agli anni Settanta per successi e inciampi. Tutto è nato da una tragedia: il 27 gennaio 1967 in un’esercitazione gli astronauti Virgil Grissom, Edaward White e Roger Chaffee morirono nell’esplosione del modulo che stavano sperimentando in vista del lancio di AS 204, la missione che iniziava il progetto Luna, rinominato da quel momento Apollo.
Quattro missioni di avvicinamento portarono alla data che ha fatto iniziare una nuova Era storica, con qualche brivido per Apollo 10, il primo con il modulo lunare che ha girato attorno al nostro satellite e salvato solo dalla grande perizia del comandante Thomas Stafford quando è stato complicato ricongiungerlo al modulo di comando. Ma nonostante tutto il 21 luglio 1969, alle 2.56 di notte (ora Utc), Neil Armstrong e a seguire Buzz Aldrin misero per la prima volta piede sulla Luna piantando la bandiera a stelle e strisce mentre Michael Collins, nato a Roma, vegliava dall’alto come pilota del modulo di comando. L’altro "fallimento di successo" fu appunto Apollo 13 che ebbe un forte impatto mediatico perché Jim Lovell (riserva di Armstrong per Apollo 11), veterano dello spazio che doveva completare la sua carriera calpestando la Luna, scrisse un fortunato libro Lost Moon (Luna perduta) da cui fu tratto il film di Ron Howard chiamato semplicemente Apollo 13.
Prima la presunta rosolia che fermò il pilota Ken Mattingly sostituito da Jack Swigert, poi l’esplosione a bordo che li costrinse assieme a Fred Haise a rientrare sulla Terra sul modulo lunare che rischiò di fondersi all’impatto con l’atmosfera; gli 84 secondi ulteriori di silenzio radio hanno fatto di quella una missione epica, nella quale la citazione di Lovell – "Houston, abbiamo un problema", anche se sul registratore di bordo si sente "abbiamo avuto" – rimane tra le frasi simbolo dell’umanità. Questo è il "dark side of the Moon".