Martedì 16 Aprile 2024

Hotel Rigopiano, le famiglie delle vittime: "Fate una legge per noi"

Morti sul lavoro, l'Inail: risarcimenti impossibili. I legali: norme da cambiare

Silvana Angelucci e Luciano Caporale con i figli Elia e Nicola

Silvana Angelucci e Luciano Caporale con i figli Elia e Nicola

Castel Frentano (Chieti), 6 gennaio 2018 - Ci sono ricordi che fanno piangere. Mamma e papà che in auto cantano a squarciagola «l’amore della mia vita», quel video postato ha commosso tutti, Arisa a sorpresa arrivò al funerale e intonò il pezzo. E poi invece il 18 gennaio poco prima della tragedia, Luciano Caporale e Silvana Angelucci spaesati, in trappola all’hotel Rigopiano come gli altri 27 che non torneranno mai a casa. Lei, sempre così bella e solare, gira il breve filmato per la chat di famiglia, dal piazzale del resort. Straziante. La voce che prova a restare calma, «le macchine sono libere, noi siamo i primi. La fila è lunga ma se non viene lo spazzaneve... C’abbiamo un muro, lo vedi?». Poi, rivolta al marito: «Penso che prima o poi scenderemo, vero?». Qualcuno ha i motori accesi.

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Quelle parole rimbalzano qui a Castel Frentano, nel bel negozio che Silvana e Luciano avevano inaugurato da poco in paese, allargandosi, sulla tenda c’è sempre il loro nome. I figli Elia e Nicola, 22 e 25 anni, hanno riaperto. Dicono: «Dovevamo farlo, era il loro sogno. Ne sarebbero orgogliosi». Come gli orfani Di Carlo, pizzaioli dopo il padre a Loreto Aprutino, su nel Pescarese.

Nicola, tre esami alla laurea in Ingegneria, quando può aiuta il fratello che già lavorava con i genitori e ha ripreso le redini dell’azienda. Sul banco la foto della squadra al completo, mamma e papà sorridono, orgogliosi. All’ingresso un grande quadro, mani che si alzano per invocare aiuto, basta il titolo: Rigopiano. «I miei avevano programmato questa vacanza il 30 ottobre, quando c’è stato il terremoto di Norcia – racconta Nicola –. Poi mamma si era spaventata, quella volta non erano partiti. Erano contenti dei giorni su all’hotel, d’estate non erano mai andati via, dovevano seguire i lavori del nuovo salone». Nicola pensa di lasciare l’Italia, lo dice senza tono polemico. «Dopo la laurea probabilmente lo dovrò fare per lavoro, per me qui ci sono poche possibilità». I ragazzi tengono duro, aiutati dal comitato che ha legato le storie di tanti tra le 29 vittime, «per noi è una famiglia. Ci riuniamo spesso, condividiamo lo stesso dolore, ci serve».

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Guida il gruppo Gianluca Tanda, fratello di Marco, pilota Ryanair che viveva nel Maceratese, morto a Rigopiano con la fidanzata Jessica Tinari. Si prepara a questo primo anniversario con un progetto: «Chiediamo leggi che ci permettano di ‘sopravvivere’ fino al processo, di assistere alle udienze. C’è chi ha tenuto le ferie per quei giorni. E poi avvocati e periti costano, serve un aiuto. Norme nuove, com’è accaduto dopo Viareggio. Come fanno una mamma o un papà, che non hanno 60-70 mila euro e si devono accontentare, a dormire la notte sapendo di non aver fatto il massimo per un figlio? Siamo nel coordinamento nazionale dei comitati stragi. Ogni volta incontro famiglie che citano leggi e codici a memoria. C’è chi ha perso un figlio nella scuola di San Giuliano e fa solo quello nella vita. Poi magari dopo anni, quando si spengono i riflettori, ti arrivano le denunce. Il nostro più grande rammarico? Tanti, per l’età, non potranno mai vedere giustizia per i propri cari».

Costruire un impianto di leggi nuove. Ad esempio per tutelare le famiglie di chi lavorava in hotel ed è rimasto ucciso a Rigopiano. Come Gabriele D’Angelo, cameriere nel resort. Il gemello Francesco ha denunciato a Qn: scriverò a Mattarella. Non gli basta la legge, non accetta le due righe dell’Inail, «non si darà corso a costituzione di rendite a superstiti per mancanza di aventi diritto». Che, risponde l’ente appellandosi alla norma, possono essere solo «il coniuge, fino alla morte o a nuovo matrimonio, ciascun figlio, fino al raggiungimento della maggiore età (per ragioni di studio fino a 26 anni), e i figli totalmente inabili al lavoro, ai quali la rendita spetta a prescindere dall’età, finché dura l’inabilità. In mancanza di coniuge e figli, può spettare una rendita anche a genitori, altri ascendenti, fratelli e sorelle, ma solo se convivevano con il lavoratore deceduto ed erano a suo carico». Però Emanuela Rosa, avvocato di Francesco D’Angelo, non si rassegna: «Abbiamo avviato la procedura per l’infortunio sul lavoro. Respinta. Abbiamo fatto opposizione amministrativa. Stesso risultato. Ma la normativa è obsoleta, i principi non sono più attuali. Questa legge va cambiata alla radice».

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