"Ho perso le gambe, ma non mi arrendo"

Il canoista livornese Christian Volpi, 22 anni, costretto all’amputazione dopo un incidente, torna a casa: "Ora inizia il difficile, sono pronto"

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di Monica Dolciotti

"Come ho passato la prima notte in casa? Ho dormito un sonno così profondo che al mio risveglio questa mattina (ieri, ndr) mi sono detto come sono stato bene. Sono andato a letto alle 22, ero bollito. Il rientro a casa, dopo due settimane di ospedale per l’incidente nel quale ho perso le gambe, è stato travolgente. Gli amici che mi hanno festeggiato e in mezzo a loro Ginevra, il mio amore. Quante emozioni". Con queste parole Christian Volpi, 22 anni, ci ha raccontato le prime ore trascorse a casa dopo le dimissioni dall’ospedale di Livorno mercoledì, dove era arrivato in condizioni disperate per lo schianto in motorino la sera del 12 maggio. Stava rientrando a casa dopo avere lavorato. Nell’incidente con lo scooter ha perso entrambe le gambe, ma si è salvato. Anche grazie alla sua fibra di sportivo. Lui atleta e allenatore di canoa dell’Unione Canoisti Livornese ha beffato la morte.

Adesso che cosa l’aspetta, Christian?

"Sono consapevole che la strada è in salita. Ma sono pronto per la sfida".

Mercoledì quando è rientrato se l’aspettava l’accoglienza da stadio organizzata dai suoi fratelli Matteo e Davide e dagli amici?

"No. Anche se ho avuto il sospetto che potesse succedere qualcosa perché babbo in auto non ha fatto la stessa strada di sempre per arrivare a casa. Non voleva farmi vedere il cortile zeppo di amici. In mezzo la mia ragazza Ginevra che non mi aveva detto nulla. Ho pianto per la felicità".

Nelle cose di tutti i giorni dovrà riprendere le misure per imparare a gestirle diversamente.

"Mi sta dietro babbo Roberto ora in questo momento di ambientamento. Tuttavia riesco già da solo a fare cose come andare in bagno. Andare a letto. Per il resto c’è tempo".

Suo padre Roberto e sua madre Brunella sono diventati la sua ombra.

"La mia fortuna è avere un babbo e una mamma che pur separati, sono rimasti in ottimi rapporti. Questa circostanza li ha avvicinati ancora di più. Per un figlio si fa qualsiasi cosa".

Dopo la convalescenza quale cosa farà per prima?

"Mi piacerebbe andare a vedere i miei compagni e i ragazzi che alleno ai campionati italiani a settembre a Milano all’Idroscalo".

Mentre era in ospedale è scattata una campagna di solidarietà per aiutarla: 150mila euro raccolti in quindici giorni con una sottoscrizione online.

"Sono commosso. Con questo aiuto potrò permettermi le protesi di ultima generazione per tornare al canottaggio, la mia grande passione, ma anche un’auto con comandi adattati perché voglio prendere la patente speciale di guida. Si è offerto di aiutarmi Fabrizio Torsi dell’Associazione Paraplegici Livorno".

Quando si è risvegliato in ospedale chi ha visto?

"I miei genitori, i miei fratelli e Ginevra. Ho avuto il desiderio di abbracciarli fortissimo".

Della sera dell’incidente che cosa ricorda?

"La voce di un uomo che diceva “mettiamogli un laccio emostatico sennò lo perdiamo“ e il calore di qualcosa di viscoso che scorreva su di me, il sangue che perdevo".