Martedì 23 Aprile 2024

"Infettata da Hiv in laboratorio durante la tesi". Studentessa fa causa all'università

Padova, chiesto risarcimento milionario: sarebbe il primo caso di contagio da virus creato in vitro. La donna si è costruita una sorta di vita "parallela"

Test per il virus Hiv

Test per il virus Hiv

Padova, 17 dicembre 2019 - Sette anni fa, ancora studentessa, aveva manipolato alcuni 'pezzi' di Hiv mentre preparava la tesi di laurea nel laboratorio di un'università straniera, e pochi mesi dopo aveva scoperto di aver contratto il virus. Una circostanza che, comprensibilmente, le ha distrutto la vita. E ora la vittima, poi laureatasi in un'università del Veneto, ha fatto causa a entrambi gli atenei - quello italiano di partenza e quello ospitante - chiedendo al Tribunale di Padova (competente per l'ateneo italiano) un risarcimento milionario. Lo riporta il sito del Corriere della sera.

Ora la donna, assistita dall'avvocato Antonio Serpetti del foro di Milano, si è costruita una sorta di vita "parallela", nascondendo la sua condizione alla maggior parte delle persone con cui entra in contatto. La notizia, se confermata, al di là dei disastrosi risvolti personali, avrebbe una notevole eco anche a livello scientifico segnando il primo contagio avvenuto in laboratorio con un virus ricreato in vitro e non circolante nella popolazione.

Stando alla sequenza genetica della perizia di parte, infatti, il virus che ha colpito la giovane donna corrisponde a quelli ricostruiti in laboratorio. Quindi il contagio potrebbe essere avvenuto proprio durante l'attività di ricerca.  La vicenda giudiziaria è nelle fasi preliminari, anche se i giudici hanno già fissato la prima udienza. Oltretutto, sottolinea l'avvocato Serpetti, l'Hiv da laboratorio "è curabile ma con più difficoltà, perché i farmaci disponibili sono stati sviluppati sui virus circolanti".

"Per quello che riguarda le nostre valutazioni, valutazioni molto specialistiche - ha spiegato il legale - sembrano confortarci nell'identificare quello contratto dalla mia assistita come un virus di laboratorio non circolante in popolazione. L'unica realistica possibilità è quindi quella del contagio".

Infezione da Hiv, la tesi dei virologi di parte

"La studentessa si trovava in un laboratorio per compiere degli esperimenti che coinvolgevano appunto due università - spiega l'avvocato Serpetti - e si è trovata a utilizzare alcune parti inattivate di virus Hiv, che, secondo la tesi sostenuta dai nostri esperti virologi, si sono ricombinate trasformandosi in infettanti, determinando il contagio della ragazza".   Poi il legale precisa: "Voglio sottolineare che siamo nella fase iniziale dell'iter, quindi le nostre valutazioni, seppur di altissimo livello, dato che le analisi sono state effettuate la laboratori molto prestigiosi, sono pur sempre valutazioni di parte. Ora spetta al giudice nominare un perito che effettuerà ulteriori valutazioni e quindi potrebbero ipoteticamente anche determinare un'impostazione diversa". E ancora: "Mi aspetto una risposta dal Tribunale di Padova, area competente, nel giro di qualche mese, direi per l'anno venturo".  "Sono profondamente convinto, per gli elementi scientifici raccolti, che il virus che ha colpito la mia cliente non è un virus che circola tra la popolazione - spiega ancora Serpetti - è un virus di laboratorio, dato che la struttura genetica, a quanto ci risulta, è appunto di natura laboratoristica. Non può averlo contratto in altro modo se non in laboratorio, perché non è possibile trovarlo fuori da esso. La ragazza lavorava su particelle virali parziali, con materiale genetico parcellizzato quindi non doveva essere infettante".   "Cosa è accaduto? Saranno le indagini a fare luce sulla vicenda. Sta di fatto che la mia cliente si è infettata - ha concluso - ed è profondamente provata e sofferente, anche se sono passati 5 anni dalla scoperta. La sua vita è stata stravolta".