Ha vinto Draghi: passa la riforma Alla fine si piegano anche i grillini

I ministri M5s minacciano lo strappo poi accettano l’offerta del premier. Prescrizione, regime speciale per i reati di mafia

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di Antonella Coppari

Alla fine vince Draghi. Porta a casa l’accordo unanime sulla giustizia, forse perché la trattativa l’ha fatta in prima persona, assieme alla Cartabia. Il nuovo testo prevede che per celebrare i processi di appello che comprendono reati con l’aggravante mafiosa ci saranno 6 anni (5 anni dal 2025) di tempo; per quelli invece per 416 bis e ter (associazione a delinquere di stampo mafioso) non è previsto alcun limite di tempo. Analogo trattamento avranno i processi per altri reati di allarme sociale come terrorismo, violenza sessuale, traffico internazionale di stupefacenti. "Noi economisti parliamo, ma poi i numeri sono numeri. Voi giuristi state ore a discutere e, a conti fatti, siamo sempre qua", ironizzava il premier a metà giornata, quando un leggero venticello di crisi iniziava ad aleggiare su Palazzo Chigi. Invece: dopo una serie estenuanti di riunioni, trattative e litigi, il consiglio dei ministri più lungo del suo governo (cominciato all’ora di pranzo e terminato intorno alle 19) dà il via libera alla riforma del processo penale, che l’aula di Montecitorio inizierà ad esaminare domenica per vararla martedì sera.

La maggioranza ritira tutti gli emendamenti, restano solo i 26 del governo (oltre ai 64 dell’opposizione) che verranno riformulati. Inevitabile il voto di fiducia, anzi i voti visto che ne serviranno diversi, a causa dei tempi stretti. "Bisogna accelerare – sorride la guardasigilli – abbiamo vissuto una giornata importante".

Cominciata in salita. Sì, perché Conte non ha nessuna voglia di dare il disco verde a una riforma che, di fatto, cancella la Bonafede. Non gli basta aver spuntato l’imprescrittibilità per i reati di mafia e terrorismo: vuole che anche i reati cui viene contestata l’aggravante mafiosa possano durare sine die. Alle 11.30, quando inizia la riunione del governo, i ministri 5 Stelle non sono a Chigi ma in call con i leader per capire fino a che punto spingersi. Draghi non la prende benissimo: "Mi appello alla vostra responsabilità. Ciascuno deve rinunciare a qualcosa di specifico per riconoscersi in una riforma complessiva che dà ulteriore credibilità all’Italia". Inizia così il ping-pong di proposte e controproposte; i Cinquestelle mettono sul tavolo un cospicuo pacchetto di richieste che va dall’improcedibilità per il concorso esterno all’eliminazione degli indirizzi del Parlamento sui criteri con cui scegliere le priorità nell’esercizio dell’azione penale al raddoppio dei tempi di improcedibilità per i reati di corruzione, il tutto sotto le bordate del plenum del Csm che prima boccia il passaggio della riforma sulla prescrizione e poi, fa pollice verso anche sul complesso della riforma. Conte chiede ai suoi ministri di giocare la carta della minaccia dell’astensione, Draghi replica: "È un’ipotesi inaccettabile".

I soliti bene informati raccontano dell’irritazione di Palazzo Chigi con Letta perché le sue aperture alle modifiche avrebbero rafforzato "il leader M5s che era solo". Il segretario Pd entra in pressing sull’alleato, ma la svolta arriva dopo il duro confronto tra Conte e Di Maio. Il ministro degli Esteri è drastico: "Se ci asteniamo in Cdm dobbiamo astenerci anche sulla fiducia: a quel punto, siamo come Fd’I".

La trattativa riprende: il governo boccia le ultime due richieste M5s, la Lega resiste sui reati minori di mafia. Esce con una soluzione da bilancino: il giudice potrà chiedere la proroga di anno in anno per i reati di mafia, ma solo due volte. È il punto della bandiera che serviva a Conte: "Non è la nostra riforma ma l’abbiamo migliorata. Sono rammaricato per l’opposizione del Carroccio all’allungamento dei tempi di prescrizione per i reati di mafia". La Lega, che porta a casa la cancellazione dell’improcedibilità per la violenza sessuale e il traffico internazionale di stupefacenti, replica a muso duro: "M5s è a lutto per il superamento della Bonafede e inventa falsità". A rigirare il coltello nella ferita aperta nel fianco dei Cinquestelle sono IV e Forza Italia che esultano per l’affossamento della riforma dell’ex Guardasigilli. Riassume Gelmini: "Siamo di fronte a una riforma garantista". Con il Nazareno che si rallegra perché è passata la "sua" norma transitoria: fino al 2024, le Corti d’appello avranno tempi più ampi per smaltire l’arretrato.

Insomma tutti contenti, benché qualcosa abbiano dovuto sacrificare tutti e, senza dubbio, i Cinquestelle più degli altri. Ma il vero vincitore è appunto Draghi. Che esce bene da una prova durissima, varerà la riforma nei tempi concordati con l’Europa anche se a prezzo di alcuni passaggi difficilmente comprensibili come l’esclusione dai reati che Marta Cartabia definisce di più grave "allarme sociale" come il disastro ambientale.