Guerra Ucraina e profughi, Trieste porta d'Europa: "Con i bimbi in fuga verso il futuro"

Il reportage dal valico di Fernetti. Un flusso ininterrotto di mamme, piccini e anziani. La rete di volontari e Protezione civile. In Italia 40mila rifugiati

Fernetti (Trieste), 15 marzo 2022 - La guerra in Ucraina e i profughi visti dal valico di Fernetti a Trieste. La porta d’Europa, sul confine orientale, è un flusso ininterrotto di pullman, pulmini, auto che scaricano mamme, bambini, anziani ma anche giovani padri. Come questo avvocato quarantenne di Kiev diretto in Spagna con la famiglia e 4 figlioletti, “là abbiamo amici, proveremo a ricostruirci una vita. Tornare in Ucraina? Troppo doloroso pensarci adesso“. Di la è Slovenia, di qua una speranza di futuro.

Soldati e poliziotti di frontiera fanno un cenno, tutti i mezzi ucraini si devono fermare, gli altri proseguono. C’è da fare il controllo dei documenti. Dai pullman stracarichi scendono mamme con neonati in braccio, nonne e nonni, ventenni che si stringono a cagnolini più spaesati di loro. Hanno i volti assonnati, sconvolti, assenti. Ma riescono a sorridere quando incontrano la generosità, con il passare dei giorni e degli arrivi il piazzale è stato trasformato in un centro di accoglienza per regalare una carezza a chi ha visto troppo. C’è la tenda della protezione civile e ci sono volontari che si organizzano tra amici e arrivano qui da Trieste con auto cariche di tutto: acqua, biscotti, succhi di frutta, giocattoli e pupazzi, le cose appoggiate per terra. In pochi minuti una piccola folla si avvicina. La spontaneità dei gesti supera la diffidenza. Intesa tra donne.

Liria de Polzer, a Trieste da 7 anni dopo una vita in Tanzania, mamma single di due ragazzine, offre un tubetto a una ragazza. “Perché mi sono chiesta, cosa mi porterei dietro se dovessi fuggire? Sicuramente anche la crema per le mani, le mani spaccate dal freddo“. Francesco Stumpo è qui con la moglie, sono i fondatori di Expats, una comunità nata per fare sentire a casa gli stranieri, a Trieste che è il mondo, con un giornale online, Intrieste, che tiene il punto su tutto. Si presenta: “Siamo qui anche per dare un sorriso“. Liria sale a Fernetti da più di una settimana, ha deciso d'istinto, con un gruppo di amiche. “Perché lo ripeto sempre alle mie figlie, si fa quello che è giusto perché è la cosa giusta da fare. Il primo giorno sono arrivata, ho visto i bambini. Come fai ad andare via quando ci sono i bambini? Abbiamo organizzato le raccolte anche grazie alla scuola internazionale che frequenta mia figlia. Raccogliamo, inscatoliamo, poi viene tutto caricato su un camion che va in Ucraina. La Croce Rossa distribuirà dove riesce. Sono tutte donne, bambini, mamme, ragazze, giovanissime che hanno l’età di mia figlia. I bambini sono mezzo addormentati, le ragazzine le vedi che chattano, sorridono. Ma le madri hanno uno sguardo che è indescrivibile: il nulla e il terrore negli occhi“. Trieste al centro della storia un’altra volta. Al centro delle tragedie, passa dal Friuli il 75% dei profughi che arriva in italia, quelli 'censiti' sono quasi 39mila, ricorda la Protezione civile. Negli anni ’90 erano i civili in fuga dal conflitto nella ex Iugoslavia. Poi è arrivata la rotta balcanica di afgani e pakistani. Ma prima, molto prima, i profughi erano gli italiani, in fuga da Istria, Fiume e Dalmazia.  Roma, Milano, Napoli, l’Abruzzo, le Marche ma anche la Spagna. Di là la follia, di qua il futuro. Qualcuno però resta sospeso. La porta d’Europa è anche questa coppia di anziani seduta con rassegnazione nel ristorante che si è trasformato in un punto ristoro, lei dice sfruttando tutte le parole d’italiano che sa, “il pullman ci doveva rportare a Roma. L’autista ha detto, sono stanco, vado a riposare. Ma è sparito, siamo rimasti qui. Chi ci porta a Roma?“.  C’è una bimba tutta vestiita di rosa che si mette in marcia verso i giocattoli e fa sorridere la mamma, perché non riesce a tenere in mano tutti quelli che vorrebbe.

Di qua e di là. La coppia di anziani porta i bagagli sul piazzale quando vede l’ennesimo pullman fermo per i controlli. Chi ci porta a Roma? L’avvocato riprende il viaggio, il figlioletto più piccolo saluta e sorride. Quanto vale il sorriso di un bambino in fuga dalla guerra?