"Guerra ripugnante, va fermata" Ma Bergoglio non cita ancora Putin

All’Angelus il Papa condanna il "massacro insensato" evitando però di indicare esplicitamente i russi

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di Nina Fabrizio

Una guerra "ripugnante", "disumana", "sacrilega", perché "va contro la sacralità della vita umana, "soprattutto contro la vita umana indifesa". "Una crudeltà", un ripetersi di "scempi" e "atrocità", "un massacro insensato" senza alcuna "giustificazione". Papa Francesco ieri all’Angelus ha condannato ancora una volta "l’aggressione" dell’Ucraina con un nuovo indubbio salto di qualità nei toni e nelle scelte lessicali. Anche dall’espressione del viso era chiaro lo sdegno di Francesco, colpito anche dalla visita il giorno precedente a un gruppo di bambini ucraini malati, così piccoli e già profughi.

"Uno era senza un braccio, l’altro è ferito alla testa. Bambini innocenti", ha raccontato lui stesso con delle pause tese a sottolineare l’incredulità davanti a tanta ferocia. E in effetti gli stretti collaboratori di Francesco riferiscono di un Papa di giorno in giorno sempre più inorridito, scandalizzato dalle notizie apprese non solo dai giornali ma dai report interni e dalle telefonate con tanti vescovi sul terreno. Non ultime quelle sulle ulteriori violenze inflitte alle donne.

Francesco tuttavia anche ieri non ha voluto pronunciare riferimenti espliciti al presidente russo (e ai russi in generale), lo stesso cui si appellava con una lettera personale ai tempi del G20 di San Pietroburgo per scongiurare l’escalation del conflitto in Siria, né tantomeno al suo alleato, il ‘giustificazionista’ capo della Chiesa ortodossa, Kirill, andando così a irrobustire il pensiero di quanti – e sono già tanti –, stanno teorizzando un presunto parallelismo Pio XII-Francesco. A tirarlo fuori con una certa autorevolezza è stato nei giorni scorsi il New York Times ma non è un segreto che anche negli ambienti ebraici italiani, neanche tanto sottovoce, si dica che Francesco davanti a Putin ricorda Pio XII davanti ad Hitler.

Che il Papa non faccia esplicitamente il nome di Putin di per sé non dovrebbe meravigliare: almeno da Giovanni XXIII in poi e quindi dalla crisi dei missili di Cuba nessun Papa ha nominato alcun aggressore o dittatore o presidente, compresi, solo più di recente, Saddam Hussein o Assad.

Stavolta però il quadro è più complicato e si percepisce la fatica di Francesco nel praticare un gioco di equilibrismi, innanzitutto per non mandare all’aria anni di dialogo intessuto con Kirill che gli avevano fruttato un incontro storico a Cuba e forse anche un secondo (per ora naufragato) con cui il Pontefice argentino puntava a risultati nel lungo termine. "Finora una certa riluttanza ad abbandonare un investimento più che decennale su Kirill continua a fare da freno", ha scritto ad esempio il sociologo Massimo Introvigne.

Oltre Mosca, poi, si staglia l’ombra di Pechino con cui pure Francesco non vuole entrare in rotta di collisione. Dall’altro lato c’è una certa pressione del mondo occidentale e più in particolare della stessa Ucraina: ultimo in ordine di tempo il nuovo ambasciatore di Kiev presso la Santa Sede che ha supplicato ancora Francesco a mostrarsi sul suolo ucraino. "La guerra si fermerebbe", è l’idea degli ucraini. Che il Papa sia tentato? Da una mossa clamorosa e senza precedenti? Da una condanna esplicita di Putin? Finora l’influsso maggiore su Bergoglio, come del resto era stato già per Pacelli, sembra esercitarlo la virtù cardinale della prudenza (le quattro virtù sono imperativi morali per un Vicario di Cristo).

Può un Papa gettarsi nella mischia e prendere parti esplicite facendo magari davvero da detonatore a una Terza guerra mondiale, o peggio ancora, per un Pontefice, a una nuova guerra santa? Chi è vicino a Francesco lo vede pensieroso ma deciso ad andare avanti cercando ancora il dialogo e il ricorso ad armi, forse un po’ troppo novecentesche, come la consacrazione della Russia e dell’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria.