Martedì 23 Aprile 2024

Grillo, il giorno dell’ira "Il limite dei due mandati resta Giggino ormai è una cartelletta"

Il garante attacca Di Maio: "Aspetta soltanto qualche incarico nei ministeri della Nato". Poi mette fine alla discussione sulle deroghe per i parlamentari eletti nel 2013

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di Giovanni Rossi

Nessuna deroga e nessun terzo mandato. "Altro che cuore dei banchieri, io c’ho un cuore da ragioniere". Beppe Grillo conta fino a due. E lì si ferma. Al Movimento 5 Stelle – che "c’è, non c’è", magari "disintegrato, molecolare o quantico" – il fondatore prescrive "l’antibiotico" dei due mandati in politica, "la luce nella tenebra" contro le seduzioni del potere. In un video gonfio di autocitazioni, riflessioni e accuse al transfuga Luigi Di Maio, il Garante rispolvera la maschera dell’Elevato per indicare la via agli adepti allo sbando. Stop alla giostra. Un intervento a gamba tesa che manda in panico i maggiorenti di lungo corso speranzosi di nuove chances al netto della tagliola elettorale.

Roberto Fico e Virginia Raggi (in Comitato di garanzia con Laura Bottici), ma anche Paola Taverna e altri big del partito (tanto varrebbe chiamarlo così dopo l’accesso al finanziamento pubblico) prendono atto della tempesta sulle rispettive ambizioni. Lo stesso Giuseppe Conte, leader alle corde, appare indeciso. "Allora è finita?", è la sintesi degli interrogativi in chat. Grillo è categorico: "Sia io che Casaleggio quando abbiamo fatto queste regole, le abbiamo fatte perché ci vuole l’interpretazione della politica in un altro modo". "Siamo in un momento caotico", certifica. Di più: "Tra 15 giorni potremmo essere morti". Eppure nell’idea del fondatore, dopo l’abiura a ogni slogan o promessa, la catarsi politica passa dal mantenimento della regola "innaturale" di un "servizio civile" al bene comune (vedi codice etico di famiglia).

Il male, secondo Grillo, ha diminutivo e soprannome: "C’è gente che fa questo lavoro, entra in politica per diventare poi una cartelletta: Giggino (Di Maio, ndr) la cartelletta adesso è di là che aspetta di archiviarsi in qualche ministero della Nato. E ha chiamato decine e decine di cartellette insieme lui", gente "da ministero". Ancora: "Se dobbiamo morire – è il senso identitario della richiesta –, non come una cartelletta". E rilancia: "Questa dei due mandati deve diventare legge di Stato. L’Italia si merita una legge dei due mandati che vieti i cambi di casacca; una legge elettorale proporzionale con lo sbarramento; la sfiducia costruttiva. Non siamo riusciti a farlo e mi sento colpevole anch’io, però abbiamo di fronte qualcosa di straordinario". Una presunta ultima occasione per non perdere "il baricentro". Applaudono in pochi. Angelo Tofalo: "Grazie Beppe". Sergio Puglia: "Seguo le regole". Alessandro Di Battista non vede novità: "Mai creduto che la politica sia una professione". Solo l’ex ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, incurante dell’effetto caricatura, ha le "lacrime agli occhi": "Viva Beppe Grillo, viva il Movimento".

L’avvocato dei ricorrenti statutari Sergio Borré esce dal coro: "Decidere sul significato di ‘due mandati’ spetta al Comitato di garanzia. Beppe non ha voce in capitolo". Ma Grillo è in versione guru: "Sono tutti contro di noi", e quando è così, "vuol dire cha abbiamo ragione". La presunzione delle origini fuori tempo massimo. Perché "questo Parlamento qui non se lo merita nessuno, figuriamoci Draghi", è la carezza fuori dallo steccato.