Giovedì 25 Aprile 2024

Grillini divisi, fronda anti-Conte in Senato

L’ex premier non riesce a imporre il suo candidato come capogruppo: il voto finisce in parità. Di Maio minimizza: è perché siamo vivi

Migration

di Elena G. Polidori

"È chiaramente un voto per Licheri!", "No, la scheda va annullata, c’è più di una croce sopra!". Al Senato si vota per la scelta del nuovo capogruppo dei Cinque Stelle e il primo round finisce in rissa. Un voto apparentemente poco significativo che, invece, di significati ne ha fin troppi. Perché dimostra che il leader Giuseppe Conte non riesce a “tenere“ i gruppi parlamentari grillini e questo – in prospettiva – rappresenta un problema in vista del voto per il Quirinale. D’altra parte, il Movimento 5 Stelle è ancora il partito di maggioranza relativa e, se diviso, può fare fin troppo la differenza. Ieri la spaccatura netta – in due, come una mela – del gruppo M5s al Senato è emersa plasticamente nel risultato finale tra i due sfidanti.

Da un lato, il presidente uscente Ettore Licheri e, dall’altra, l’outsider Mariolina Castellone, oncologa campana. È finita 36 a 36, con contestazione-rissa finale, come si diceva. La partita si gioca sul filo di lana, ma comunque vada a finire, la fotografia che resta è quella di un gruppo spaccato: il leader, Giuseppe Conte, non riesce a fare da collante. Visto il risultato, servirà un secondo voto, e forse un terzo a maggioranza semplice la prossima settimana. Ma lo stallo è evidente. "È un test in vista del Quirinale", confermava ieri un senatore, raccontando come Licheri sia il candidato appoggiato dal capo politico del Movimento, mentre la Castellone abbia costruito una candidatura che ha invece raccolto malumori di ogni genere, tanto da farla diventare una bandiera del partito interno anti-Conte. Chiare, non a caso, le sue parole, post voto: "Una squadra è tale dove le competenze delle persone sono valorizzate appieno", ovvero l’esatto contrario di quanto è stato fatto fino a oggi tra i 5 Stelle parlamentari e di governo.

Insomma, la fumata nera al primo turno per la scelta di un capogruppo si è trasformata in un segnale preoccupante per la tenuta del M5s, incrinando i proclami di chi millantava di potersi muovere "come una falange" quando il segreto delle urne quirinalizie permetterà di esprimere il dissenso senza timore di pagare dazio. E anche ieri, ha cercato di smorzare i toni: "Il voto sul capogruppo evidenzia una sana dialettica interna", sostiene l’ex premier. Anche il ministro Di Maio si sente ecumenico: "Evitiamo il gioco di fazioni e spaccature, dobbiamo costruire con il contributo di tutti. Entrambi i candidati al Senato hanno la mia stima".

In realtà, parte dei senatori M5s – si raccontava ieri tra le file grilline – negli ultimi mesi si è sentita trascurata dalla gestione di Licheri, e Castellone ha così puntato a intercettare questo malcontento. Tanto che, alla fine, i pochi voti di scarto che ci saranno tra i due saranno pesati, dentro e fuori il Movimento, e serviranno per misurare la presa di Conte su un partito che registra un calo di consensi drammatico e dove la battaglia nel governo per difendere Reddito di cittadinanza e Superbonus, ha accusato colpi pesanti.

Insomma, il M5s si avvia in ordine sparso verso la prova più importante, quella dell’elezione del nuovo capo dello Stato, con i malesseri interni che potrebbero deflagrare nel momento più delicato. E solo perché in molti casi non si digerisce che Conte abbia imposto l’esclusiva partecipazione in tv dei 5 vicepresidenti (Taverna, Turco, Ricciardi, Gubitosa e Todde).