Giovedì 18 Aprile 2024

Grattacielo bruciato, ora chi paga? Risarcimenti non prima di due anni

L’edificio sarà abbattuto, inchiesta per disastro colposo. Si indaga sull’impianto antincendio che non ha bloccato il rogo

Migration

di Anna Giorgi

e Massimiliano Mingoia

Il giorno dopo l’incendio che ha devastato i 18 piani del palazzo di via Antonini 32, in zona Vigentino, quartiere sud di Milano, si procede con le due priorità identificate dagli esperti e dagli investigatori: mettere in sicurezza ciò che resta del complesso per evitare altri danni conseguenti al distacco delle lastre di copertura rimaste e, dal lato delle indagini, ultimare i sopralluoghi e acquisire tutta la documentazione. Ieri, il dipartimento della procura guidato da Tiziana Siciliano ha aperto un fascicolo per "disastro colposo", in carico al pm Pasquale Addesso.

Da Roma, intanto, per supportare le indagini sono arrivati anche gli specialisti del Nucleo investigativo antincendi dei vigili del fuoco che affiancheranno gli altri vigili e i periti. In serata gli esperti strutturisti hanno confermato che lo scheletro di cemento non crollerà e che sarà quasi certamente abbattuto dopo aver ultimato tutti i sopralluoghi necessari per redigere le relazioni fondamentali a comporre il quadro di quanto è successo. I tempi saranno lunghi, anticipano gli investigatori. Per ora, però, alcuni elementi sono già certi. Le fiamme sono partite dal 15esimo piano, probabilmente dal terrazzino in cui c’erano alcune prese posizionate all’esterno. Il sistema antincendio della Torre dei Moro, presentava, ad una prima analisi, diverse criticità: "Le bocchette dell’impianto da attivare manualmente funzionavano fino al quinto piano, non erano attive tra il quinto e il decimo, mentre hanno funzionato in parte tra il decimo e il diciottesimo piano", spiegano gli investigatori.

Questo è un punto delicato, perché se fosse confermato, potrebbe essere rilevante ai fini assicurativi. Le scale, invece, erano sicure per via di un meccanismo che ha evitato al fumo di entrare in quello spazio. L’effetto camino dell’aria fra il muro e i pannelli di rivestimento composti da materiali che hanno preso fuoco subito, bruciando come fossero cartone, hanno fatto il resto, trasformando in meno di mezz’ora la Torre dei Moro in una torcia. Un altro passaggio fondamentale e urgente sarà quello di acquisire tutta la documentazione relativa alle modalità di costruzione del grattacielo e ai materiali utilizzati. Nelle indagini, infatti, si dovrà verificare se il cappotto termico di alucobond, era indicato, all’epoca dei lavori, come ignifugo o meno, perché il grande complesso di via Antonini 32-34-36 è stato realizzato a seguito di un piano di recupero datato 2006 da parte della Sasso Blu spa che ha presentato la Dia in quell’anno e una successiva variante nel 2010. Tutta la documentazione relativa all’agibilità e alla conformità della costruzione risale al 25032011.

La documentazione amministrativa di archivio è contenuta in 10 faldoni che sono già stati acquisiti dalla procura. La Sasso blu spa fa capo alla Moro Real Estate di Alberto Moro. Quando sarà chiaro come si è innescata la fiamma e perché il fuoco ha divorato così velocemente il palazzo, cosa non ha funzionato, solo allora si potrà parlare di responsabili, di risarcimenti e di obblighi da parte delle assicurazioni.

Ma Leonardo Caruso, presidente milanese dell’Associazione Nazionale Amministratori Condominiali e Immobiliari (Anaci), prevede tempi lunghi. "Le famiglie rischiano di rimanere per anni in attesa dell’assegno – spiega il presidente dell’associazione alla quale è iscritto anche l’amministratore dello stabile distrutto –. Per ottenere un eventuale risarcimento dall’assicurazione, in un caso come questo, potrebbero servire almeno due anni". Intanto nove famiglie su settanta sono state alloggiate in un residence della zona, messo a disposizione dal Comune, le altre hanno trovato ospitalità a casa di parenti. Stamattina una trentina di condomini, cinque sono avvocati con grossi studi a Milano, si sono dati appuntamento per organizzare le prossime mosse e nominare periti di parte. "Abbiamo perso tutto, sono fortunata perché io e i miei figli siamo vivi – dice Solange Marchignoli, avvocato di Nina Moric e di altri vip – ma non abbiamo nemmeno più un paio di scarpe".