Governo, l’Italia sogna da leader. "Draghi alzerà l’asticella in Europa"

L’ambasciatore Nelli Feroci: con la Merkel in uscita e Macron impegnato nella rielezione, c’è un’occasione storica da cogliere. "Possiamo aumentare il peso sullo scacchiere internazionale. La Libia? Biden non ci tornerà, per noi sarà dura riprendere un ruolo"

Angela Merkel con Mario Draghi (Ansa)

Angela Merkel con Mario Draghi (Ansa)

Draghi può cogliere l’attimo fuggente e, grazie alla sua autorevolezza, stabilire un rapporto equilibrato e forse paritario con Francia e Germania. A dirlo è l’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, 41 anni di carriera diplomatica alle spalle, per 5 anni rappresentante permanente d’Italia presso l’Unione Europea, e oggi presidente dell’Istituto Affari Internazionali (IAI).

Ambasciatore Nelli Feroci, Draghi ha parlato di strategicità e imprescindibilità del rapporto con Francia e Germania. Che significa?

"Significa alzare l’asticella in politica estera. Questi sono i nostri naturali partner europei e il motore stesso dell’Unione. È a loro e non a improbabili alleanze alternative che dobbiamo guardare".

L’Italia ambisce a un ruolo non subalterno a Francia e Germania. Magari a entrare nel ’direttorio’. Non è troppo?

"Nessuno ci condanna a un ruolo subalterno, ma un ruolo di interlocutore di pari livello lo si guadagna con affidabilità, stabilità, credibilità. Oggi il leader c’è, perché è difficile immaginare una personalità più autorevole e più riconosciuta in Europa di Mario Draghi. Bisognerà poi vedere se, con una maggioranza così composita ed eterogenea, il governo saprà fare la sua parte. Ma le premesse ci sono, per poter tornare a far svolgere all’Italia un ruolo da protagonista. Oltretutto, il contesto è assai favorevole. Angela Merkel è arrivata alla fine della sua parabola politica e chiunque gli succederà, perlomeno nella prima fase, non avrà la stessa autorevolezza. Macron, da parte sua, ha difficoltà sul piano interno ed è ormai in scadenza, con le presidenziali fissate per il 2022. Si apre una straordinaria finestra di opportunità che Draghi può cogliere".

Il trattato del Quirinale tra Italia e Francia, al quale si lavora da anni, sarebbe un ostacolo o un elemento positivo?

"Se viene, bene, se non viene non sarà un dramma. Non dobbiamo pensare che, col trattato del Quirinale, la Francia possa sostituire l’Italia alla Germania. Il punto è affiancarci in un rapporto a tre".

Atlantismo e europeismo, citati come pietre miliari da Draghi, sono riferimenti scontati per un Paese come il nostro?

"Non sono scontati anche se erano prevedibili, con una personalità come Draghi. Anzi, è significativo che abbia messo questo riferimento nella prima parte del discorso: Draghi non solo ha ribadito l’irreversibilità dell’euro, ma ha insistito su una Ue sempre più integrata e parlato di un bilancio pubblico comune. Affermazioni che vanno oltre le aspettative e contengono indicazioni di policy".

È nei fatti un allontanamento nei confronti di Russia e Cina?

"Sono due dossier delicati e sensibili, che dovremo concertare coi nostri partner e alleati. La Russia sarà certamente un problema, anche solo per trovare un approccio comune in Ue. Lo stesso vale per i rapporti con la Cina. Sulla Cina saremo sottoposti a forti pressioni americane e ci vorrà una grande accortezza per considerarla un partner importante ma anche un competitore strategico".

Tra le nostre priorità di politica estera c’è la Libia. Pensa che con Biden si possa trovare nell’America una sponda?

"Non scommetterei sull’ipotesi che l’amministrazione Biden torni a un qualche interventismo nelle crisi del Mediterraneo. Riuscire a svolgere un ruolo in Libia non sarà facile perché in questi anni di latitanza italiana, europea e americana, in Libia si sono saldamente installate due potenze, la Russia e la Turchia, che hanno lì interessi solidi. Sarebbe già un risultato alleggerire le presenze militari straniere e favorire il processo di riconciliazione nazionale libica".