Governo finito: Conte vuole la sfida. Renzi: "Nasce il Conte-Mastella"

Il presidente del Consiglio: "Se Italia Viva lascia, nessun governo con loro". E spinge per andare a cercare i voti al Senato

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A un millimetro dalla crisi più al buio e complicata della storia della Repubblica, proliferano voci di ogni tipo: vertici, accordi in extremis, ripensamenti, appoggi esterni. Il solito caos, insomma, che si produce sempre alla vigilia di una deflagrazione. Nella notte il Cdm ha approvato il Recovery plan con l’astensione di Iv perché "manca il Mes" sottolinea Renzi. Che ha fissato per questo pomeriggio la conferenza stampa in cui dovrebbe annunciare il ritiro delle sue ministre. Ma si tratterà fino all’ultimo minuto per comporre il quadro attraverso una crisi lampo pilotata che porti al Conte ter (di cui da giorni fioccano gli organigrammi) anche se nel Pd – che sta lavorando al progetto – l’ottimismo è ridotto all’osso.

Crisi di governo: le ultime notizie

A gettare secchiate di acqua sul Nazareno, è stato Conte che, a sorpresa, ha deciso di bruciarsi tutti i ponti alle spalle; a mezzogiorno il portavoce Casalino, stratega della campagna, rompe gli indugi: "Se Renzi si sfila, impossibile fare un nuovo esecutivo con Iv". Poi, uno dopo l’altro, tutti gli esponenti pentastellati, dettano comunicati identici: "Mai più con loro". È una mossa dirompente, significa affossare ogni possibilità di Conte ter e rifiutare il percorso prudente suggerito dal Colle che consigliava di provare a ricompattare la stessa maggioranza. Più prudente, infatti, è Zingaretti: "Difficile rimettere insieme i cocci".

Secco, Renzi replica: "Se il premier pensa di avere un’altra maggioranza, vuol dire che andremo all’opposizione. Dunque, è lui che fa la crisi: evidentemente è pronto l’esecutivo Conte-Mastella". Due le opzioni dell’avvocato pugliese secondo la nota: conferma dell’attuale governo o elezioni subito, per sfruttare la popolarità registrata dai sondaggi. Gira voce che nei giorni scorsi abbia depositato dal notaio il simbolo del suo movimento, Insieme: indiscrezione smentita da Palazzo Chigi. Il Pd la prende male: Franceschini si precipita da Conte, Zingaretti riunisce capidelegazione e capigruppo e partorisce un comunicato che suona come monito non solo per Renzi ma anche per il capo del governo. "Bisogna trovare tutti il coraggio del dialogo e della collaborazione per il bene comune: approvato il Recovery, da domani varo del patto di legislatura". Riparte il pressing verso Chigi perché riavvolga la pellicola, e torni a trattare.

Il Quirinale si trincera nel silenzio, ma certo il presidente non apprezza la scarsa considerazione in cui sono stati tenuti i suoi suggerimenti tanto dal premier quanto da Renzi. Senza più la possibilità di ricompattare i giallo-rossi, ogni ipotesi potrebbe tornare in ballo: dal voto a un esecutivo diverso (ciò a cui punta Matteo) a un governo di decantazione. Se Renzi ritirerà davvero la sua delegazione, Conte subito dopo salirà al Colle: Mattarella gli chiederà probabilmente di verificare se gode ancora della fiducia della maggioranza del Parlamento. In alternativa il premier potrebbe scegliere di dimettersi cercando di mettere insieme una nuova maggioranza sommando ai tre partiti già presenti senatori di varia estrazione riuniti però un unico gruppo per evitare l’accozzaglia. Secondo alcune voci potrebbe essere l’Udc di Cesa, ma di conferme per ora non ce ne sono. In entrambi i casi i responsabili entrerebbero in scena qui per salvare il governo o nell’ordalia parlamentare oppure nella creazione di una nuova maggioranza. Sempre che ci siano davvero.

Ieri la truppa pentastellata è stata galvanizzata da un annuncio: Rocco ha trovato i responsabili, 4 o 5 senatori che si sommerebbero a quelli già convinti di esprimere la fiducia. Difficilmente basteranno a raggiungere quota 161, necessaria per disporre di una vera maggioranza a Palazzo Madama e un governo comunque sostenuto da un gruppo messo insieme all’ultimo momento avrebbe secondo pronostici unanimi vita breve.

La situazione insomma non potrebbe essere più oscura. E a peggiorarla ci si mette l’eventualità, che il ministro Gualtieri e Zingaretti danno per certa, di una paralisi se il governo andasse in crisi sia dello scostamento di bilancio sia del decreto ristori. Renzi e i suoi assicurano di essere pronti a votare i due provvedimenti, secondo il governo, invece, non sarebbe possibile. In questo caso una crisi politica già profondissima si allargherebbe fino a diventare drammatica crisi economica sociale.