Gli scienziati: iI Coronavirus non muta "Ecco perché il vaccino funzionerà"

Studio dei ricercatori del Niguarda di Milano e del San Matteo di Pavia su centinaia di malati: il morbo è destinato a restare fra noi. Cresce intanto il numero dei nuovi positivi, cinque le regioni con tasso di contagiosità oltre la soglia. Preoccupano i diversi focolai.

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di Giulia Bonezzi

La buona notizia è che un vaccino, quando ce ne sarà uno efficace, potrà funzionare contro il Sars-CoV-2, perché è un virus "molto stabile": i ricercatori del Niguarda di Milano e del San Matteo di Pavia hanno trovato appena sette mutazioni genetiche su trentamila basi sequenziando il genoma virale nei tamponi prelevati tra il 22 febbraio e il 4 aprile a 346 malati delle 12 province lombarde. L’altra faccia di questa "variabilità scarsa" emersa dallo studio finanziato dalla Fondazione Cariplo – sinora il più vasto al mondo per distacco sul sequenziamento del Coronavirus in una stessa area – è che "non c’è nessuna evidenza che sia diventato più buono".

Dunque le ragioni per cui la Covid, cioè la malattia, appaia in questo momento, in Italia, complessivamente meno aggressiva, vanno cercate altrove rispetto a un ipotetico ’adattamento’ di un virus "che a differenza della Sars e della Mers dal punto di vista biologico sembra fatto per restare", chiarisce Carlo Federico Perno, già direttore della Medicina di laboratorio del Niguarda. Dice di "non aver mai visto, in 28 anni da virologo, un’infettività simile" a quella del Sars-CoV-2, che ieri in Italia ha registrato altri 12 decessi e 276 nuovi contagi (erano 229 giovedì), di cui 53 in Emilia Romagna e 29 riconducibili alla Tnt di Bologna, secondo focolaio nella logistica della città felsinea dopo quello della Bartolini.

Sono i focolai, "in parte importati dall’estero", ha spiegato ieri Gianni Rezza del Ministero della Salute, a far superare quota 1 all’indice di contagio Rt in cinque regioni (Emilia Romagna 1,2; Veneto 1,2; Toscana 1,12; Lazio 1,07; Piemonte 1,06) e a mantenere la situazione epidemiologica, dice l’Istituto superiore di sanità, "estremamente fluida".

Anche ieri quasi metà dei nuovi contagiati (135) erano lombardi, e lo studio San Matteo-Niguarda fornisce una spiegazione di cosa sia successo nella regione che ha registrato il 40% dei 242.639 casi e il 47% dei 34.938 morti in Italia durante la pandemia. "Parlando coi dati e con la necessaria umiltà", rimarca Fausto Baldanti, responsabile del laboratorio dell’Irccs di Pavia, nei confronti di "un nemico ignoto sul quale quello che non sappiamo è molto più di quello che sappiamo", sottolinea anche l’immunologo Alberto Mantovani. I ricercatori hanno individuato in Lombardia quattro varianti genetiche del ceppo ’europeo’ del Sars-CoV-2, concentrate in due "linee" o catene maggiori di trasmissione virale: una si è diffusa nel Nord della regione, nella Bergamasca e anche a Milano, a partire dal 24 gennaio; l’altra almeno dal 27 gennaio nel Sud di Lodi e Cremona, e quest’ultima presenta tre varianti.

"La Lombardia è stata attaccata dal virus contemporaneamente e su più fronti", traduce il professor Perno. E il virus, aggiunge il professor Baldanti, "circolava sottotraccia, probabilmente mascherato dall’influenza, almeno da metà gennaio", come confermano gli anticorpi trovati nel 23% dei donatori di sangue dell’ex zona rossa del Lodigiano.