Venerdì 19 Aprile 2024

Gli operai occupano Palazzo Vecchio Rabbia e paura, si apre il fronte lavoro

I dipendenti della ex Gkn in lotta per il posto. Blitz in Municipio, interviene il sindaco. Ora il caso è politico

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di Erika Pontini

e Barbara Berti

La seduta è tolta, le luci si spengono. Preoccupati, disperati, addirittura pronti a "sporcarsi la fedina penale" ma stanchi, stremati. Anche dalla notte insonne buttati sulle sedie legnose con in pancia i tranci di pizza e le brioche offerte dai consiglieri di Sinistra Progetto Comune (Bundu e Palagi) e poca voglia di scherzare. Una trentina di operai dell’ex Gkn, dopo due giorni di occupazione si arrendono e alle 21.15 liberano Palazzo Vecchio. Anche se l’azienda resta impassibile, inamovibile a fare il primo passo autorizzando i bonifici "uno schiaffo in faccia a tutta la città e al territorio". Tanta solidarietà istituzionale ma "poco altro", dicono. Contano però sulla promessa di un’Assise fiorentina in fabbrica e su un’apertura a cercare un altro investitore ma soprattutto sulle rassicurazioni del sindaco Dario Nardella: "Questa è casa vostra, nessuno vi caccia". Ospiti, invece che occupanti da sgomberare, con la polizia appostata all’esterno. Dentro un presidio nutrito di Municipale. Prima erano potuti restare grazie all’escamotage della sospensione della seduta del Consiglio e alla resilienza del presidente del consiglio comunale Luca Milani che si è fatto 30 ore filate. Già Rsu della ex Ote Firenze, poi Officine Galileo e oggi Leonardo (il cui stabilimento, scherzo del destino, si trova a Campi, a pochi metri dalla ex Gkn).

Lo zoccolo duro del Collettivo "Insorgiamo", aveva provato a percorrere l’ultimo miglio per il salvataggio della fabbrica con un’azione altamente simbolica: la presa della Sala dei Duecento durante il Consiglio comunale di lunedì pomeriggio. A innescare l’escalation di una protesta che prosegue da 16 mesi le parole di Francesco Borgomeo, il patron della Qf che ha acquisito dal fondo inglese il 100 per cento delle quote strappando inizialmente 420 lavoratori dal licenziamento in tronco via mail e facendosi mediatore di finanziatori esterni. "Mi hanno lasciato solo", lo sfogo su ’La Nazione’ e dentro lo stabilimento "c’è una situazione di illegalità". Ma prima aveva smesso di pagare l’anticipo della cassa integrazione (mai accordata dal Mise) facendo arrivare nelle tasche degli operai tra le 19 e le 300 euro, a seconda dei turni di guardiania perché le lavorazioni sono ferme da tempo. "Calunnie, ci affama per far pressione" secondo il Collettivo che accarezza l’utopia di una Fabbrica pubblica forte di un’impronta ideologica marcata. "È giusto preoccuparsi di come è messo l’individuo ma il tema è cosa fa la società: c’era una fabbrica, un corpo di diritti maturati in tanti anni e questa roba è stata distrutta", sottolinea Dario Salvetti, il portavoce del gruppo.

Nel frattempo, in questi mesi difficili, qualcuno tra i lavoratori ha fatto fagotto e si è trovato lavoretti "perché ci sono da pagare mutui e bollette". Altri sono rimasti. "La maggior parte sta con noi". In serata la tensione cala. Qualcuno rincasa dalle famiglie, altri aspettano: non vogliono un’eventuale uscita sotto i riflettori. Che si scriva di resa. Restano sul piatto le parole di Nardella: "È necessario un nuovo piano industriale perché finora le proposte avanzate dalla nuova proprietà sono insoddisfacenti e troppo generiche, che l’azienda crei i presupposti per abbassare i toni del conflitto e ci aspettiamo che vengano messi in funzione tutti gli ammortizzatori sociali. Qui nessuno è stato lasciato solo, tantomeno Borgomeo". Lui, ieri non si è fatto sentire. Regione, comune, parlamentari, sindacati e prefettura hanno fatto trillare i telefoni come non mai. Molti pensano a una possibile resa. "Ci credo ancora – aveva detto – ma se Comune e Regione si facessero garanti di un altro progetto, sono pronto a fare un passo indietro, o di lato".