Gli inglesi snobbano i nostri laureati. E fanno autogol

Massimo

Donelli

Nonostante i molti sforzi fatti per affossarlo, il liceo italiano resta il migliore al mondo. Imbattibile il classico, per dire, su latino e greco. E anche lo scientifico non teme confronti. L’università? Dipende. Se ragioniamo per atenei, giù il cappello di fronte ai politecnici di Milano e Torino, da cui escono fior di ingegneri. E se cercate l’equivalente della Scuola Normale Superiore di Pisa, beh cercherete invano.

La Bocconi? Ha sì i suoi up and down, ma resta un luogo di eccellenza. E parlando di facoltà, poi, è difficile stabilire una graduatoria tra quelle di medicina. Da cui escono dottori bravissimi, richiesti in tutti i Paesi. Perché lo studio della medicina in Italia è cosa seria, molto seria. Ma viviamo in un villaggio globale. Dove poche congreghe fanno e disfano. Avendo a cuore, sempre, l’interesse nazionale.

Capita, così, che a dare le pagelle alle università del pianeta siano tre società nordamericane: la Times Higher Education, la QS World University Rankings e la Academic Ranking of World Universities. E, indovinate un po’, quelle targate Usa sono sempre nella top ten… Purtroppo, però, gli yankee fanno testo. Tanto che il Regno Unito, impoverito dalla Brexit, va ora a caccia di talenti basandosi sulle loro classifiche. Nelle quali le nostre università sono tutte in modalità Cenerentola. Sicché, dal 30 maggio, Londra offrirà un visto speciale solo ai laureati di 37 atenei, fra i quali gli europei sono appena cinque: i politecnici di Losanna e Zurigo; la Technische Universität di Monaco di Baviera; l’École normale supérieure di Parigi; e il Karolinska Institutet di Stoccolma.

I prescelti godranno di un visto speciale (due anni; tre con un dottorato di ricerca) anche senza avere lavoro. Gli italiani, invece, non potranno trasferirsi se non esibendo un contratto britannico da minimo 30mila euro l’anno. Perfida Albione? Sciocca, semmai. Non sa quali talenti si perde…