Gli ex grillini tentati dai vizi della casta

Raffaele

Marmo

Dovevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno e, invece, sono finiti per diventare come i topi nel formaggio.

Si sono ubriacati di poltrone, poltroncine e strapuntini dorati, con il corollario di indennità, rimborsi, diarie, gettoni e prebende varie.

E così hanno finito per perdere (voti e consenso) e per perdersi (come angeli dell’anti-politica caduti nei vizi e nei privilegi della politica).

Parliamo dei parlamentari grillini di vecchia e nuova data, che, caso dopo caso (l’ultimo è l’eccezione del Green pass per Sara Cunial), si sono infilati dentro una spirale di gaffe e arroganza, superficialità e presunzione proprio sui terreni prescelti in passato per dare battaglia a suon di slogan e vaffa anti-casta e anti-privilegi.

Non solo non si contano più – per fare un esempio plastico – le mancate restituzioni di una quota delle indennità parlamentari, ma anche chi aveva cominciato a tagliarsi lo "stipendio" ha finito per chiedere addirittura indietro quanto versato.

Ora siamo arrivati al punto che se fosse per loro questo Parlamento non dovrebbe mai finire: e non solo o non tanto per la pensione che perderebbero se le Camere venissero sciolte in anticipo, ma proprio perché avrebbe termine la giostra più luccicante sulla quale sono saliti.

Ma è la democrazia, bellezza, e – meno male – non ci si può fare niente: il partito dell’innocenza uscirà dal campo senza più le medaglie della trasparenza e della parsimonia in politica. Perché sarà anche vero che uno vale uno, ma è meglio che sia un altro a valere uno.