Giovedì 18 Aprile 2024

Gli ex grillini No pass si barricano in regione

Un consigliere laziale e una deputata resistono alcune ore prima di capitolare. Ma non sono i soli politici ‘duri e puri’

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di Elena G. Polidori

Palazzo che vai, no green pass che trovi. Mentre in Parlamento le fila dei renitenti al lasciapassare ormai sono noti, inaspettatamente ieri altri protestatari sono emersi da un altro palazzo, quello della Regione Lazio. Dove, con un blitz, l’ex consigliere regionale 5 stelle Davide Barillari e la deputata del gruppo misto Sara Cunial, anche lei ex grillina, si sono barricati dentro un ufficio della Pisana per protestare contro l’obbligo del certificato verde. Ore di occupazione, poi, in serata, la svolta: il consigliere regionale e la deputata hanno lasciato gli uffici del Consiglio della Regione Lazio. Probabilmente anche per non incorrere nella denuncia di interruzione di pubblico servizio.

"Resistere per esistere", è stato il loro lo slogan. "Stiamo occupando il consiglio regionale del Lazio e restiamo qui – hanno detto – per difendere il diritto al lavoro insieme a tantissime persone che oggi non potranno entrare in ufficio". "I libri di storia – hanno assicurato – ricorderanno questo giorno come la giornata della vergogna: è un atto simbolico, politico, istituzionale, per svegliare le coscienze". E comunque, un atto breve.

Di Barillari e di Cunial ce ne sono parecchi in Parlamento. E non da ieri. Il primo che si è dichiarato al grido di "il green pass è un attentato alle libertà fondamentali" è stato il leghista Claudio Borghi Aquilini, uomo molto vicino a Matteo Salvini, che di solito fa gruppo, per questioni legate al Covid, con altri due leghisti di rango, come Armando Siri e Simone Pillon, quelli - secondo la ’vulgata’ del Transatlantico di Palazzo Madama - ad aver spinto "il Capitano" verso quelle posizioni ambigue prima sulla vaccinazione e poi proprio sul green pass che sarebbero costate parecchio alla Lega nelle recenti urne amministrative.

Non solo. A fare loro da spalla è un altro personaggio molto noto, ovvero Gianluigi Paragone (ex Lega, ex M5S, giornalista, fondatore di Italexit) secondo il quale il green pass è "qualcosa di oltre il fascismo" e che ha recentemente battibeccato con i questori del Palazzo perché lo vogliono costringere ad esibirlo all’entrata.

Certo, Paragone sa come attirare l’attenzione su di sé, ma mai quanto la senatrice leghista Roberta Ferrero, assurta anche lei agli onori delle cronache per aver organizzato, in piena pandemia, un convegno al Senato per raccontare come il Coronavirus si potesse curare da casa, con l’aiuto di qualche rimedio naturale. Ne nacque un caso, ma ancora mai come quello della

senatrice ex stellata Marinella Pacifico. Che dice: "Non abbiamo bisogno di vaccini e green pass, ma d’uno stile di vita più sano". Passata di recente a Coraggio Italia di Toti, la Pacifico ha candidato tutte e tre le figlie al consiglio comunale di Latina ed è "fruttariana", l’ala più radicale dei vegani, che sostiene di poter campare di mele e banane a pranzo e cena e che "mai si sognerebbero" di "uccidere una lattuga".

Va detto, infine, che la "base parlamentare" no green pass si annida soprattutto tra i 5 Stelle che ieri si sono profusi nell’ennesima giravolta condannando il green pass. E’stato il caso del deputato Gabriele Lorenzoni. "Imporre un tampone sul posto di lavoro è discriminatorio", ha declamato, seguito a ruota dalla la senatrice Laura Mantovani che si è chiesta: "E se il virus non ci fosse più? Il Green Pass lo teniamo lo stesso?", dubbio che ha incassato molti consensi grillini, tra cui quello del collega Mauro Coltorti, presidente della Commissione Trasporti e Infrastrutture di Palazzo Madama.