Giovedì 18 Aprile 2024

Gli autisti di bus e quella passione per le elezioni

Autobus dell'Atac

Autobus dell'Atac

Nemmeno la fantasia di Jules Verne (1828-1905), scrittore francese visionario (Viaggio al centro della terra e Ventimila leghe sotto i mari i romanzi più celebri), potrebbe competere con quella degli autisti Atac, azienda capitolina dei trasporti. O meglio: nessuno al mondo ha la capacità di immaginare che cosa possa succedere nella società che rappresenta al meglio il peggio di Roma. A marzo un conducente si masturba e si filma mentre guida; poi posta il video in chat. Cinque giorni fa un suo collega si addormenta al volante e tira giù una pensilina. Quattro autisti hanno collezionato 900 giorni di assenze tra il 1° gennaio 2013 e il 12 aprile 2015. E un quinto alla mattina dichiara diarrea e marca visita; la sera, Capodanno 2014, canta sul palco di un auditorium. Ieri l’ultimo exploit: 1.159 domande per fare i rappresentanti di lista nella domenica elettorale. Più altri 30 candidati a presidente di seggio, 26 aspiranti scrutatori e 14 pronti per il ruolo di segretario. Dei 1.159 ben 915 sono autisti. Sarebbero stati assenti per tre giorni, dal 25 al 27, se non fosse intervenuta la direzione generale: solo 70 domande su 1.229 sono state accettate.

Caso chiuso? Sì. Ma il bubbone Atac resta. Provò a tagliarlo il manager Bruno Rota, 67 anni, che aveva rimesso a posto i conti dell’Atm, azienda di trasporti milanese. Sbarcato a Roma l’8 aprile 2017, Rota diede le dimissioni il 21 luglio. In 104 giorni capì che non gli avrebbero permesso di risanare l’azienda. Dove trovò debiti per un miliardo e 350 milioni; un tasso di assenteismo endemico da capogiro; il totale disprezzo dell’obbligo di timbrare il cartellino. E denunciò: "C’è gente che non arriva a tre ore effettive di guida, quando le fanno". Capito? Torna in mente una stoccata di Indro Montanelli (1909-2001): "Lo Stato dà un posto. L’impresa privata dà un lavoro". Mitico Indro!