Gli atti segreti: "Il Covid nel nostro Paese non c’è". Così la task force a febbraio 2020

Pubblicati gli atti segreti delle riunioni all’inizio dell’epidemia: "Serve un nuovo piano pandemico"

Il ministro Roberto Speranza

Il ministro Roberto Speranza

Il virus già circolava in Italia. Ma la task force per l’emergenza Coronavirus non ne aveva contezza. Lo rivelano i verbali delle riunioni dal 22 gennaio al 21 febbraio 2020, che erano stati secretati ma sono stati pubblicati sul sito del ministero della Salute dopo la pronuncia del Tar del Lazio lo scorso 7 maggio. Il ministero, però, ha annunciato che farà ricorso contro la sentenza che ha stabilito l’obbligo di pubblicazione. Dai verbali traspare che nella task force la convinzione è che l’epidemia sia probabilmente controllabile. A colpire, con il senno di poi, è quanto emerge dal verbale del 7 febbraio. "Oggi in Italia non c’è circolazione del virus", afferma l’Istituto superiore di sanità. "È importante precisare che il virus non è arrivato in Italia, in quanto non si è verificata alcuna trasmissione del virus", concorda il professor Giuseppe Ippolito lo stesso giorno. Siamo a soli dieci giorni dal ’caso 1’ di Codogno.

Zona bianca: entrano altre 6 regioni. I nuovi dati

Nei giorni predenti quella era stata l’impostazione. "I dati riportati sono confortanti, come per la Sars se si formano nuovi focolai, dal momento che le autorità sono avvisate, i provvedimenti di quarantena possono scattare presto ed è più facile gestire la diffusione", dice il professor Gianni Rezza. Il 3 febbraio lo Spallanzani sostiene che "la Cina non fornisce i dati dei casi conclamati, comunque è verosimile che il virus si attenui nelle prossime settimane". Previsione purtroppo sbagliata.

Dal potere politico vengono i primi dubbi. "Quale lettura si può dare dei dati disponibili?" chiede il 3 febbraio il ministro della Salute Roberto Speranza. "Alla domanda del ministro il presidente dell’Iss, prof Sivio Brusaferro, nel rappresentare che ad oggi i numeri sono ancora limitati, ritiene che le misure di contenimento messe in atto al di fuori del territorio cinese, nonostante in Cina il fenomeno sia ancora in espansione, stiano funzionando". Come no. Il 6 febbraio l’Iss finalmente "suggerisce di predisporre un piano organizzativo per implementare i posti di terapia intensiva, nell’eventualità che ci fosse un’epidemia nel nostro Paese. Potrebbe essere utile programmare un’implementazione della rete della rianimazione". Già. "Preoccupa il fatto – osserva Gianni Rezza il 9 febbraio – che i casi registrati in Francia siano di passeggeri provenienti da Singapore, questo potrebbe dimostrare che l’azione di contenimento in Asia non sia del tutto efficace. Quindi occorre predisporre fin da ora un piano per il passaggio dalla fase di contenimento alla fase di mitigazione, verificare se disponiamo di strutture ospedaliere sufficienti e adeguate".

Nella riunione dell’11 febbraio il ministro Speranza comunica che "il governo continuerà a perseguire una linea di massima precauzione", ma nella stessa riunione l’Iss ribadisce che "a oggi il virus non circola". Saggiamente il viceministro Sileri suggerisce però che "occorre effettuare una ricognizione sui reparti di malattie infettive esistenti, sul numero dei posti letto dedicati, dei respiratori e del personale disponibili" e la direzione generale programmazione del mistero replica che si sta già provvedendo.

La storia dimostrerà di lì a un mese che le dotazioni erano largamente inadeguate. Il 12 febbraio il segretario generale della task force comunica che "per quanto riguarda i dispositivi medici dalle informazioni avute dal direttore generale non giungono buone notizie: i dispositivi sono limitati e a tal proposito si è svolto un incontro con le associazioni di categoria per quantificare l’approvvigionamento necessario". "Se necessario l’ordine può essere predisposto anche nella giornata odierna" interviene Speranza. La direzione generale per la programmazione fa intanto sapere che "è stata avviata una ricognizione presso tutte le strutture sanitarie".

Lentamente, la preoccupazione cresce. Il 14 febbraio Speranza chiede "in che termini interpretare la crescita di 15 mila casi in sole 24 ore, in Cina". Ma il 15 febbraio il professor Rezza sostiene che "l’operazione di contenimento è andata bene salvo qualche caso nel Sudest asiatico: l’aspettativa era di un movimento più rapido del Coronavirus".

Solo allora, il 15 febbraio il dottor Francesco Paolo Maraglino, del dipartimento prevenzione del ministero avanza la richiesta di "procedere ad un aggiornamento del piano azionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale, risalente al 2009". Ancora nessuno ci aveva pensato. Poi scoppia il caso Codogno e il 21 febbraio c’è consapevolezza dell’emergenza con Speranza che afferma:"È molto importante adottare misure precauzionali più severe per evitare che il virus si diffonda". Putroppo, si era già diffuso.