Gli antenati dei coccodrilli vivevano sulle Alpi

Scoperte impronte di rettili giganti sull’altopiano di Cuneo, risalgono a 300 milioni di anni fa. I paleontologi: sopravvissuti alla grande estinzione

Migration

di Riccardo Jannello

Dodici anni di studio attorno a una serie di "fossette" che hanno portato alla scoperta di tre impronte profonde su un terreno che nella preistoria doveva essere una fangosa linea di costa. Si scopre così che sulle attuali Alpi piemontesi, in val di Maira, nel Cuneese, durante il Permiano, fra 299 e 251 milioni di anni fa, vivevano rettili presumibilmente lunghi quattro metri che, con grande immaginazione, potevano avere qualche similitudine con gli odierni coccodrilli. Una scoperta definita molto importante dai paleontologi che fa subito sperare nella realizzazione di un Jurassic Park in miniatura, destinato sia a proseguire gli studi sia a portare turisti. Intanto la scoperta è finita su un’autorevole rivista internazionale (PeerJ) a firma di una serie di studiosi italiani e svizzeri. Il calpestio sulla roccia dell’altopiano della Gardetta, nel territorio comunale di Canosio, venne notato la prima volta nel 2008 durante il lavoro di tesi di un aspirante geologo, Enrico Collo, di Dronero. Con lui c’era il professor Michele Piazza dell’università di Genova, mentre l’anno successivo si unì alla ricerca il professor Heinz Furrer dell’ateneo di Zurigo. Ma è il professor Edoardo Martinetto dell’università di Torino che realizza la scoperta definitiva, spostando, come racconta, un ciuffo d’erba nei pressi delle fossette sulla roccia e imbattendosi nella prima impronta profonda e lunga una trentina di centimetri. "Orme – spiega Massimo Petti del Museo delle scienze di Trento – eccezionalmente preservate e con una morfologia talmente peculiare da averci consentito la definizione di una nuova specie". Il rettile preistorico ha così un nome in onore del luogo del ritrovamento: Isochirotherium (fossile triassico a cinque dita) Gardettensis, quindi dell’altopiano della Gardetta.

Il coccodrillo delle Alpi ha lasciato il suo segno vicino a un delta fluviale, prima della più grande estinzione di massa della vita sulla Terra, avvenuta 251,4 milioni di anni fa. L’estinzione Permiotriassica, a cavallo fra l’ultimo periodo dell’era Paleozoica e il primo di quella Mesozoica, causò secondo gli studiosi la scomparsa dell’81% delle specie marine e del 70% dei vertebrati terrestri. Si pensa possa essere avvenuta in due stadi: una situazione ambientale compromessa seguita da un evento catastrofico. "Il ritrovamento delle impronte del rettile in Piemonte – sostengono gli esperti – dimostra che inizialmente non doveva trattarsi di un ambiente così inospitale".

Le orme sono rimaste impresse nella roccia che si è sollevata pochi milioni di anni dopo l’estinzione. La ricostruzione di come doveva essere l’animale è ovviamente una supposizione degli studiosi e merita approfondimenti. "L’abbiamo dedotta – spiega il paleontologo Marco Romano della Sapienza di Roma – dalla forma particolare e dalla grandezza delle impronte, oltre che da altri caratteri anatomici ricavabili dallo studio della pista lungo la quale il rettile si sarebbe mosso. I quattro metri di lunghezza sono compatibili, come la conformazione arcosauriforme". E l’arcosauro moderno è appunto il coccodrillo. Le scoperte scientifiche sono state effettuate grazie a un progetto che vede partecipare anche le istituzioni locali: l’Unione montana della Valle Maira e i comuni di Canosio e Marmora. Adesso ci dovrà essere la copertura finanziaria perché si possano garantire ulteriori ricerche sul patrimonio paleontologico della Gardetta. Si spera che scienza, cultura, turismo ed economia possano marciare veloci, non con tempi triassici.