Giovedì 25 Aprile 2024

Gli americani sono razzisti Non solo coi neri

Giampaolo

Pioli

È amaro ammetterlo perché rimane comunque la più grande democrazia del mondo. Ma l’America è ancora un Paese razzista: l’ultimo caso di cronaca a Minneapolis, dove un afroamericano è stato ucciso e il processo in corso per la morte di Floyd, ripropongono la questione. È un Paese razzista non solo per i neri, ma per gli ispanici, gli arabi gli asiatici e lo è stata ancora prima per italiani, polacchi, irlandesi, russi ed ebrei. Fa male dirlo perché gli Stati Uniti rimangono il Paese dove i diritti degli individui contano e la legge si sforza di essere uguale per tutti.

Ma il “razzismo sistemico” come lo chiamano ora è sempre rimasto sottopelle, e silenziosamente ha iniziato a espandersi in forme sempre più capillari anche con Obama perché di fatto la sua presidenza simboleggiava il declino della supremazia bianca. Non è stato così. Donald Trump ha riabilitato i suprematisti bianchi per contrastare “Black Lives Matter”. La cultura razzista

non è soltanto nel cinico comportamento del poliziotto bianco che ha ucciso col ginocchio George Floyd a Minneapolis. È razzismo a catena anche quello del giovane nero che ha preso a calci nella pancia una donna cinese in metro, accusandola di aver portato il Covid. O dei negozianti cinesi che prendono a calci gli immigrati ispanici al loro servizio. L’odio razziale si nasconde nel disprezzo dei gruppi etnici considerati subalterni ma che presto costituiranno la maggioranza del Paese. E per Biden forse il peggio deve ancora venire.