di Giovanni Panettiere
Se non è una condanna, è pur sempre la prima richiesta di pena detentiva (in tempi moderni) formulata Oltretevere ai danni di un cardinale. E non certo un porporato qualunque, ma addirittura l’ex numero tre della Gerarchia cattolica, l’arcivescovo Angelo Becciu, per sette anni sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato (2011-2018) prima di essere nominato da papa Francesco prefetto della Congregazione per le Cause dei santi e finire poi invischiato nello scandalo relativo all’acquisto da parte della Santa Sede di un immobile di lusso a Londra. Nei suoi confronti ieri il promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi, al sesto giorno della sua requisitoria nell’ambito di un processo iniziato circa due anni e mezzo fa, ha avanzato la richiesta di 7 anni e tre mesi di reclusione, oltre a poco più di 10mila euro di multa e ad una confisca pari a 14 milioni.
In particolare Becciu è imputato per abuso d’ufficio, peculato e subornazione di testimone in una vicenda processuale che, muovendo dal caso dell’immobile di Sloane Avenue, ha acceso i riflettori su presunti utilizzi fraudolenti e distrazioni di fondi della Segreteria di Stato e dell’obolo di San Pietro, l’aiuto economico che i fedeli offrono al Papa per le molteplici necessità della Chiesa universale e per le opere di carità.
Nel complesso sono dieci le persone alla sbarra nel processo sulla gestione dei soldi vaticani. In totale Diddi ha chiesto 73 anni e un mese di reclusione, più pene interdittive e pecuniarie di vario tipo. Tra gli imputati figura anche la manager Cecilia Marogna, a lungo ribattezzata dai media come ’la dama del cardinale’. Per lei il pg ha invocato 4 anni e 8 mesi di reclusione in relazione a una specifica vicenda riguardante bonifici da 575mila euro accreditatigli dalla Segreteria di Stato per presunte trattative volte alla liberazione di una missionaria rapita e finiti – stando all’impianto accusatorio – in gran parte in beni di lusso.
Fin qui le accuse. Per la sentenza, invece, i tempi non sono né brevi, né definiti. Ora il processo si ferma per la pausa estiva. Riprenderà il 27 settembre con tre udienze consecutive riservate alle parti civili. Poi, dal 5 ottobre al 6 dicembre, ce ne saranno 15 dedicate alle difese. Il verdetto è atteso prima di Natale. Nel frattempo, tramite i suoi legali, l’ex sostituto per gli Affari generali continua a definirsi innocente. "Le richieste del promotore di giustizia non tengono conto degli esiti del processo, che ha dimostrato l’innocenza del cardinale per l’operazione relativa al Palazzo di Londra e per ogni altra accusa", si legge in una nota degli avvocati Maria Concetta Marzo e Fabio Viglione. E quanto alle richieste di Diddi, scrivono i difensori di Becciu, "neanche un giorno sarebbe una pena giusta".
Non sappiamo se il cardinale sarà assolto dal Tribunale vaticano, istituito nel 1929, oppure condannato alla detenzione ed eventualmente in seguito graziato dal Papa, così come fece Benedetto XVI col suo maggiordomo Paolo Gabriele, protagonista del primo Vatileaks. Quelle che si affastellano evidentemente sono solo ipotesi. In cella, come si ricorderà, ci finì, quattro anni fa, il compianto cardinale George Pell, prima della sua assoluzione definitiva, ma in quel caso a infliggere la pena fu un tribunale civile, non il Vaticano.
Al momento Becciu mantiene la berretta rossa, anche se dal 24 settembre 2020, giorno in cui Francesco accolse la sua rinuncia all’incarico di prefetto della Congregazione per le cause dei santi e ai ’diritti connessi al cardinalato’ – li perse nel 2015 anche lo scozzese Keith O’Brien coinvolto in una storia di abusi, –, resta fuori da un prossimo conclave. L’anno scorso fece notizia la decisione di Bergoglio d’invitarlo a prender parte al concistoro. Altri colpi di scena si scorgono già all’orizzonte.