di Giovanni Rossi Poi non date la colpa a noi – non è scritto così, ma questo è il senso – dove noi sta per l’Associazione nazionale magistrati. L’Anm è preoccupata che i ritardi nella riforma del Consiglio superiore della magistratura, l’organo di autogoverno della magistratura, comportino il mantenimento dell’attuale situazione a parole sgradita a tutti: categoria, politica, opinione pubblica. A luglio scade il Consiglio in carica, dunque c’è pochissimo tempo per evitare che si vada al rinnovo con le vecchie regole. Quelle stesse regole che esaltano e premiano i giochi correntizi: una dinamica che – sempre a parole – tutti fremono dalla voglia di modificare per restituire al Csm indipendenza e qualità d’azione dopo anni tormentati. "L’allarme" del segretario dell’Anm Giuseppe Santalucia suona forte e chiaro. Perché c’è la "forte e fondata" preoccupazione che la riforma non sia varata in tempo utile. E il momento della svolta coincide con quello della responsabilità. "A dispetto di qualche malevola voce, nessuno dentro l’Anm ha brigato e briga per il mantenimento dello status quo", puntualizza Santalucia. Anzi, evidenzia, "tutti abbiamo coscienza che il quadro normativo debba mutare" per non affidare la nuova composizione del Csm "ai medesimi meccanismi elettorali che hanno segnato periodi non felici". Ma è "la politica" che deve agire. La riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario è infatti il terzo punto del pacchetto di riforme, dopo quelle del processo penale e civile, propedeutiche al Pnrr. Per processo penale e civile la cornice è stata approvata, "le commissioni sono al lavoro" e "di questo passo, i lavori termineranno con largo anticipo rispetto alla scadenza di fine anno", assicura il sottosegretario Francesco Paolo Sisto. Il nodo Csm, alla luce della cogente tempistica di rinnovo dell’organismo, alimenta maggiori dubbi. Sono due gli interventi di riforma più attesi, quello sulle cosiddette porte-girevoli tra politica e magistratura ...
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