Venerdì 19 Aprile 2024

Giravolta Zingaretti: in campo per Roma

Ma nelle altre città l’alleanza strutturale Pd-5 Stelle sembra un miraggio: a Milano Sala chiude la porta e a Torino l’intesa è lontana

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di Ettore Maria Colombo

"A che punto è la notte?" dell’alleanza Pd-M5s? A un punto morto. A Torino, nonostante Giuseppe Conte si sia catapultato in missione, 5 Stelle e Pd andranno l’un contro l’altro armati. A Milano, il sindaco uscente, Beppe Sala, che di liste a sostegno per riprovarci ne schiera ben otto, non ne vuole sapere di allearsi con i 5 Stelle. A Bologna, il Pd terrà le primarie e i 5 Stelle decideranno se allearsi a seconda di…chi vincerà. A Napoli manca il nome del candidato sindaco (Fico o Manfredi?), ma almeno si è a buon punto. Il guaio è che Napoli è un po’ poco: l’asse Conte-Di Maio nei 5 Stelle e Letta-Boccia nel Pd ha puntato tutto, sull’alleanza ‘organica’ Pd-M5s. Poi c’è Roma, ma rischia di essere una ‘vittoria di Pirro’, da questo punto di vista.

La probabile discesa in campo di Nicola Zingaretti dà ottime chance di vittoria ai dem (stando ai sondaggi), ma comporterà la guerra all’ultimo sangue con la grillina Raggi. In ogni caso, Zingaretti, dopo lunghi tormenti, starebbe per sciogliere la riserva. Se sarà lui il candidato sindaco di Roma del Pd se la dovrà vedere, appunto, contro la sindaca uscente, Virginia Raggi (M5s), che ha l’appoggio obtorto collo del M5s ‘ufficiale’ e quello di Casaleggio, contro Carlo Calenda (Azione civile) e un ‘mister X’ del centrodestra da individuare. Zingaretti, inoltre, si dimetterebbe da governatore del Lazio solo contestualmente all’elezione a primo cittadino della Capitale ("Nessuna legge lo vieta", ricorda Boccia).

Quindi, direttamente il giorno delle elezioni (20 ottobre) o poco prima (settembre), in modo tale che in Lazio – che ad agosto avrà vaccinato tutti – non si debba andare al voto prima di dicembre. E non è neppure detto che il Pd debba cedere per forza il candidato governatore ai 5 Stelle: saltato lo ‘scambio’ per il Comune (far ritirare la Raggi per dare ai 5 Stelle la guida della Regione), il Pd rilancia il suo assessore alla Sanità, D’Amato. Per il Pd nazionale, laziale e romano (ma non tutto) le due notizie sarebbero ottime, ma con Zingaretti-Amleto non v’è mai alcuna certezza.

Ma qualche indizio c’è. Ieri Claudio Mancini, esponente del Pci-Pds-Ds romano, prima dalemiano e poi orfiniano, si è dimesso da tesoriere. Non perché stufo di essere dipinto come ‘l’uomo nero’ di tutte le manovre e neppure per aver male operato (i conti del Pd erano rosso sangue e lui li ha ripianati), ma proprio perché, se Zingaretti si candida, Mancini, ‘grande elettore’ di Gualtieri, è sconfitto. L’ex ministro (dalemiano a sua volta) era pronto a scendere in campo da mesi, ma è stato stoppato direttamente da Letta, consapevole di non poter perdere la Capitale: "Con Gualtieri forse si vince, con Zinga si vince sicuro", il refrain. Curiosamente, Mancini incassa la solidarietà di Patrizia Prestipino (Base riformista), da sempre dall’altra parte della barricata, che dopo averlo molto criticato oggi tifa per Zingaretti, sicura che "con Nicola non ce n’è per nessuno".