Giovedì 25 Aprile 2024

Mafia, Giovanni Brusca chiede i domiciliari. Domani verdetto in Cassazione

La Procura della Suprema Corte dice 'no'. Il ricorso dell'ex boss di mafia sulla base di un parere favorevole della Procura antimafia. Salvini: galera fino alla fine dei suoi giorni. Maria Falcone: spietato e ambiguo, merita solo il carcere

L'arresto di Giovanni Brusca il 20 maggio 1996 (Ansa)

L'arresto di Giovanni Brusca il 20 maggio 1996 (Ansa)

Roma, 7 ottobre 2019 - Giovanni Brusca, condannato per la strage di Capaci, ha fatto ricorso in Cassazione per chiedere gli arresti domiciliari sulla base di un parere favorevole dato dalla Procura nazionale antimafia. L'udienza si è svolta stamani a porte chiuse, senza la presenza dei difensori che hanno mandato memorie scritte. La Procura generale della Cassazione ha dato parere contrario nella requisitoria scritta con la quale contrasta la richiesta della difesa dell'ex boss di ottenere gli arresti domiciliari in località protetta. Il verdetto degli 'ermellini' è previsto per domani. Brusca è in carcere a Rebibbia. 

I legali di Brusca hanno presentato ricorso contro l'ultimo dei 'no' agli arresti domiciliari chiesti dall'ex boss mafioso: il tribunale di sorveglianza di Roma, questa la tesi dei difensori, nel marzo scorso non avrebbe tenuto nella giusta considerazione le valutazioni della procura nazionale antimafia favorevoli alla concessione. Per la procura antimafia, infatti, "il contributo offerto da Brusca nel corso degli anni è stato attentamente vagliato e ripetutamente ritenuto attendibile da diversi organi giurisdizionali, sia sotto il profilo della credibilità soggettiva del collaboratore, sia sotto il profilo della attendibilità oggettiva delle singole dichiarazioni". E comunque "sono stati acquisiti elementi rilevanti ai fini del ravvedimento del Brusca": le sentenze che hanno riconosciuto "la centralità e rilevanza del contributo dichiarativo del collaboratore", e "le relazioni e i pareri sul comportamento di Brusca in ambito carcerario e nel corso della fruizione dei precedenti permessi".

Il killer di Capaci, l'uomo che ordinò di sequestrare e poi uccidere e sciogliere nell'acido il figlio del pentito Santo Di Matteo, "ha già usufruito di oltre 80 permessi premio - ricorda il Corriere della Sera - Ogni volta esce di prigione per vari giorni e resta libero 11 ore al giorno (la sera deve rientrare a casa). Dando prova della 'affidabilità esterna' certificata dagli operatori del carcere romano di Rebibbia". Ma il tribunale di sorveglianza ha continuato a negare la detenzione domiciliare "ritenendo che per un mafioso del suo calibro, dalla 'storia criminale unica e senza precedenti', responsabile di 'più di cento delitti commessi con le modalità più cruente', che in virtù della collaborazione è stato condannato a 30 anni di prigione anziché all'ergastolo, il 'ravvedimento' dev'essere qualcosa che va oltre 'l'aspetto esteriore della condotta". 

Salvini: galera fino alla fine dei suoi giorni

Da Matteo Salvini a Santo Di Matteo, un coro di no si è alzato contro la concessione dei domiciliari all'ex boss mafioso. "Un assassino, il killer della strage di Capaci, un mafioso libero di tornare a casa? Ma stiamo scherzando? In galera fino alla fine dei suoi giorni, non facciamo rivoltare nelle loro povere tombe i troppi morti per mano della mafia", ha scritto su Twitter Matteo Salvini. 

Maria Falcone: merita solo il carcere

"Fermo restando l'assoluto rispetto per le decisioni che prenderà la Cassazione, voglio ricordare che i magistrati si sono già espressi negativamente due volte sulla richiesta di domiciliari presentata dai legali di Giovanni Brusca. Il tribunale di sorveglianza di Roma, solo ad aprile scorso, negandogli la scarcerazione, ha avanzato pesantissimi dubbi sul suo reale ravvedimento. Mi limito a citare la motivazione del provvedimento in cui il tribunale, testualmente, ha scritto che non si ravvisava in Brusca 'un mutamento profondo e sensibile della personalità tale da indurre un diverso modo di sentire e agire in armonia con i principi accolti dal consorzio civile'". E' quanto sottolinea Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone e presidente della Fondazione che porta il nome del magistrato assassinato dalla mafia. "Ricordo ancora - aggiunge - che Giovanni Brusca proprio grazie alla collaborazione con la giustizia ha potuto beneficiare di premialità importanti: oltre a evitare l'ergastolo per le decine di omicidi che ha commesso - tra questi cito solo quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell'acido a 15 anni - ha usufruito di 80 permessi. Il suo passato criminale, l'efferatezza e la spietatezza delle sue condotte e il controverso percorso nel collaborare con la giustizia che ha avuto luci e ombre, come è stato sottolineato nel tempo da più autorità giudiziarie - conclude - lo rendono un personaggio ancora ambiguo e non meritevole di ulteriori benefici". 

Santino Di Matteo: che razza di uomo è?

"Che cosa mi aspetto? Mi aspetto che il presidente di sezione dopo aver letto le carte, chiuda il fascicolo, domandi 'ma di che cosa parliamo?' E decida di lasciarlo dov'è. In carcere". Sono le parole di Santino Di Matteo, ex mafioso e collaboratore di giustizia al quale Brusca ha fatto uccidere il figlio.

"Ma che razza di uomo è - ha detto all'AGI Di Matteo - uno che uccide, come ha fatto lui, un bambino? Uno che uccide, come ha fatto lui, una donna incinta? E' incredibile che si possa solo pensare di fargli scontare a casa il resto della pena" (altri due anni, ndr). Quella casa dove Brusca, in occasione dei tanti permessi premio sinora goduti, trova il figlio ormai grande: "Me li immagino, seduti sul divano, o a tavola, uno di fronte all'altro - continua Di Matteo - E non riesco a capire come il figlio possa non chiedergli 'ma che uomo sei?', possa non dirgli in faccia 'mi fai schifo'. Errare è umano, perseverare è diabolico. Io ho fatto i miei errori, ne ho pagato il conto, sarà il Signore a giudicarmi. Ma una cosa è ammazzare quelli come te in quella che era una 'guerra' di mafia, una cosa è prendersela con un ragazzo che non c'entra niente o addirittura con un bambino ancora nel ventre della madre. E' da vigliacchi. Da bastardi. Chi lo fa merita di essere dimenticato, ignorato, buttato nel primo tombino. Non premiato".