Martedì 16 Aprile 2024

Giovani senza sogni: solo il 20% ha fiducia nel futuro

Il sondaggio: c'erano una volta i favolosi anni '60. Oggi il 42% dei ragazzi vorrebbe lasciare l'Italia

Giovani in cerca di lavoro (Ansa)

Giovani in cerca di lavoro (Ansa)

Roma, 16 febbraio 2020 - Ritorno al futuro. C’è grande differenza tra le aspettative dei giovani di oggi e quelle dei teenagers negli anni 60-90. Eppure nel 19° secolo non sono mancati periodi di grave crisi economica, come per esempio quella petrolifera alla fine degli anni 70, l’inflazione galoppante che ha caratterizzato gli ultimi 30 anni del 1900 o ancora il ricordo del prelievo forzoso che venne effettuato dai conti correnti degli italiani nel 1992 per sanare il deficit dello Stato. Eppure, nonostante le evidenti difficoltà, i giovani di allora avevano una aspettativa positiva rispetto ai millennials. La comparazione dei dati è agghiacciante.

Se si interrogano gli under 25 di oggi, solo il 20% nutre fiducia verso il futuro, appena il 15% si vede tra 10 anni con un lavoro stabile, il 42% pensa che per avere fortuna dovrebbe emigrare fuori Italia, anche se non è detto che lo faccia. Se invece si chiede agli adulti di oggi quali fossero le proprie aspettative quando avevano meno di 25 anni, ci si accorge che il sentiment collettivo era completamente diverso e che regnava, pur nella difficoltà di un Paese che è sempre stato borderline da un punto di vista di stabilità economica, una maggiore attesa positiva verso il proprio futuro: il 44% contro il 20% degli attuali giovani. Non solo.

Il 53% si vedeva con un lavoro stabile nei successivi 10 anni (contro il 15% degli under 25) e solo il 10% pensava di dover espatriare per trovare lavoro (contro il 42% di oggi). Insomma sembra che negli ultimi 40 anni siano sfumati tutti i sogni dei giovani rispetto al proprio futuro. Si è passati da una concezione collettiva di potercela fare ad un sentimento di resa, il che incide nel bloccare una intera generazione, sia da un punto di vista di attese che di propria realizzazione. Se anche i giovani hanno smesso di sognare qualcosa non va.

Un altro dato che descrive ancora meglio il contesto è che il 56% degli under 25 pensa che quando avrà 50 anni sarà più povero rispetto ai propri genitori oggi. Da un punto di vista sociologico la depressione verso il futuro è un fattore negativo che potrà influenzare anche l’economia italiana dei prossimi anni. Se cade la motivazione, se si pensa che gli anni ’30 saranno peggiori rispetto al 2020, non si mettono in atto quegli elementi positivi che generano la cosiddetta «effervescenza collettiva», cioè quel fenomeno di fiducia positiva verso il futuro che aiuta lo sviluppo economico e culturale di una nazione.

 A questo punto c’è da interrogarsi per quale motivo nel passaggio da un secolo all’altro si è maturata questa sorta di mancanza di fiducia dei giovani verso il futuro. Le cause sono tante ma secondo il 62% questo è dovuto principalmente al problema del lavoro. Anche se in Italia il tasso di disoccupazione varia molto tra chi risiede nel Nord e nel Sud, il fattore invece omogeneo che unisce la criticità del mercato del lavoro è l’elevata crescita del precariato, l’aumento di contratti che non sono a tempo indeterminato. La qual cosa genera una opinione negativa nei confronti del lavoro anche da parte di chi una occupazione già ce l’ha ma al contempo non si sente garantito per il futuro.  Altro elemento che influenza la poca fiducia è che il 57% pensa che dovrà accettare una mansione diversa rispetto alle proprie competenze o agli studi che sta seguendo. Anche questa voce non è di poco conto in quanto evidenzia da parte degli stessi giovani la percezione di inutilità del percorso formativo in atto.

Poi accanto ai fattori oggettivi, come questo descritto relativo all’occupazione, compare anche la sfera del sentimento collettivo nei confronti della classe politica del Paese. Il 67% dei giovani la valuta incapace a poter gestire il futuro dell’Italia. In questo caso la divergenza tra le diverse generazioni è forse anche nel fatto che negli anni 70-90 si contestava pubblicamente il potere politico, oggi invece prevale una sorta di rassegnazione e quindi la critica alla classe politica non si trasforma in protesta giovanile.  * Direttore Noto Sondaggi