Venerdì 19 Aprile 2024

Giotto, le matite, il Pongo: un secolo di Fila. Ai bimbi bastava un foglio da colorare

Ha riempito gli astucci di generazioni di italiani, ora l’azienda fiorentina compie 100 anni. "La sfida? Continuare a dare forma alla fantasia"

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"Ero bambina ad Agrigento, la maestra veniva ogni mattina a casa nostra. Stavo accoccolata su un tavolino basso con carta, penna e matite Giotto. Disegnavo ciò che vedevo dalla finestra e quando non avevo più spunti sistemavo i colori uno sull’altro e disegnavo quelli. Il verde era il più consumato, il bianco e il rosa i meno usati. Se spezzavo la mina, passavo avanti e indietro sul foglio il rimasuglio stretto in punta di dita. Era un esercizio di fantasia e libertà".

Sono passati 70 anni ma Simonetta Agnello Hornby non ha dimenticato. Anzi, è partita dai ricordi personali per i suoi libri dedicati all’infanzia: un gioco senza tempo fra matite e acquerelli. Tutta l’Italia ha imparato a giocare così, tenendo in mano i pastelli Fila. Sigla che sta per: Fabbrica italiana lapis e affini, nata a Firenze il 23 giugno 1920, primo presidente il conte Giuseppe della Gherardesca. Un secolo fa. L’anno dell’apertura del canale di Panama, la prima edizione della Campionaria di Milano, la nascita di Enzo Biagi, Valeria Valeri e Federico Fellini. Proprio il maestro riminese raccontava che a Natale i genitori gli regalavano i colori Giotto, con cui scarabocchiare sui fogli per ore.

Le scatoline di cartone erano da sei o da dodici, portavano matite di 18 centimetri (a uso ufficio) oppure lunghe la metà per gli scolari. Giotto che disegna una pecora sulla pietra, mentre Cimabue alle sue spalle lo osserva ammirato. Un marchio di fabbrica. Un’icona. Un simbolo universale. Così come il giglio stilizzato e la testa nera con una matita dietro l’orecchio, creati da Sepo. La storia di un Paese e gli anni più belli della nostra vita passano attraverso una matita: il libro edito da Corraini per l’occasione, testi di Valerio Millefoglie e illustrazioni di Andrea Antinori, ne celebra oggi le tappe. Dalle origini fiorentine al trasferimento a Milano negli anni ‘40: tempo di guerra, di bombe e di crisi: Renato Candela guida il gruppo di dipendenti coraggiosi che rileva l’azienda in affanno.

È la scommessa temeraria di una famiglia che dirige la Fila da tre generazioni. "Mio nonno l’ha rilanciata, mio padre Alberto è stato l’uomo del grande marketing, io ho cercato di consolidare il gruppo attraverso una politica di acquisizioni internazionali. Il futuro è del digitale? Forse, ma fra cent’anni noi ci saremo ancora e i bambini continueranno a esprimere il mondo disegnando", dice l’amministratore delegato Alberto Candela. C’è da credergli. Quelle matite orgogliosamente made in Italy sono presenti in cinque continenti con 21 stabilimenti produttivi. Le trovi negli zaini dei ragazzi (una volta si chiamavano cartelle), nelle tasche di professionisti e impiegati. In scuole, uffici, studi tecnici e atelier. Nelle case di tutti. Oggetti semplici ma di altissima qualità, che richiedono estrema cura nella fattura: servivano venti giorni per miscelare argilla e grafite, spiega il filmato d’epoca dell’Istituto Luce. Matite nere, rossoblù, copiative. E poi album, tempere, acquerelli, i segnalibro con le maschere e i segnali stradali.

Il viaggio è punteggiato da invenzioni geniali. A cominciare da un brevetto speciale:"Nonna Olimpia si lamentava davanti allo specchio alle prese con occhi e labbra, mio nonno regalò a lei e a tutte le donne il matitone per il trucco", racconta Alberto Candela. E naturalmente Tratto Pen e Tratto Clic, i rivoluzionari pennarelli da scrittura lanciati sul mercato nel 1975: quattro milioni di esemplari venduti in quattro giorni, il Compasso d’oro e una vetrina prestigiosa al Moma di New York. Non solo. Intere generazioni si sono impiastricciate le mani con Das, Pongo e Dodò, le irresistibili paste modellabili. Ma l’idea vincente resta la grande bellezza del colore, lo spazio dell’immaginazione consegnato ai più piccoli. Per disegnare punto, linea e superficie secondo l’eterna lezione di Kandinsky: una palestra mentale dove sviluppare la creatività, il piacere della scoperta, la sperimentazione. E in fondo la conoscenza.