"Gilles Villeneuve era puro istinto. Per lui guidare una motoslitta sulla neve o una Formula Uno sull’asfalto non faceva differenza. Si sarebbe comportato allo stesso modo al volante di un trattore o di una utilitaria…". Piero Ferrari è uno degli uomini più ricchi d’Italia: solo il 10% di sua proprietà dell’azienda di Maranello vale in Borsa più di 4 miliardi. Prossimo ai 77 anni, il figlio del Drake rimane fedele al Dna di famiglia: la passione per i motori e per le corse. "Villeneuve ci lasciò quaranta anni fa – ricorda con un sospiro il vicepresidente della casa del Cavallino –. Mi fa piacere che a distanza di tanto tempo ancora si serbi memoria di lui". Umanamente che tipo era? "Non aveva un carattere facile. Era scontroso, abbastanza chiuso. Per dire, io che all’epoca seguivo molto da vicino i Gran Premi legavo di più con il suo compagno di squadra, il sudafricano Jody Scheckter". Che nel 1979 vinse il titolo iridato anche grazie all’aiuto del canadese. "Sì, Villeneuve fu molto leale. Era diventato amico di Jody, si volevano bene. Quando ci fu la tragedia nel 1982, Scheckter era ormai un ex pilota. Ma dal Sudafrica si spostò in Canada per tenere l’orazione funebre". Secondo una tenace leggenda metropolitana fu il tradimento di un altro compagno in Ferrari, il francese Pironi, a innescare le dinamiche che portarono al disastro di Zolder. "Aspetti, ora le spiego. Intanto chiariamo che in Belgio Gilles trovò la morte per una stupida fatalità, una collisione in prova con l’auto del tedesco Mass…". Sì, ma si dice che il canadese fosse ancora esasperato per quanto accaduto due settimane prima a Imola. "Io c’ero, a Imola. Quando le due Ferrari rimasero in testa alla gara, con Villeneuve al comando, dal muretto esponemmo il cartello che invitava i piloti ...
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