Gianluca Vacchi: "Pagherò le banche se lo dirà il tribunale"

Parla il re dei social, attualmente in tour come dj e in uscita con il singolo 'Viento' FOCUS / La rete degli affari milionari. Un intreccio di società e poltrone ESCLUSIVO / Vacchi balla coi debiti. Ora Banco Bpm si prende ville, barche e quote del golf L'INTERVISTA / D'Agostino: ha già stravinto. "Con i debiti avrà più popolarità"

Gianluca Vacchi (Lapresse)

Gianluca Vacchi (Lapresse)

Saint-Tropez, 11 agosto 2017 - «Un'intervista? Certo, a patto che la telefonata sia a vostro carico: sa, ho finito i soldi». Ci scherza su, Gianluca Vacchi, al telefono da Saint-Tropez dove è in tour come dj. Oggi uscirà il suo singolo 'Viento' e solo due giorni fa ha suonato in Turchia spalla a spalla con Luis Fonsi: mister Enjoy e mister Despacito, insieme. In Italia, però, è stata la notizia del pignoramento di una parte di beni, tra i quali il golf club Casalunga di Castenaso, a tenere banco. E infatti «ho ricevuto migliaia di commenti sui social network, con offese di ogni tipo, come se fossi in un crac finanziario. Invece è qualcosa che accade a migliaia di risparmiatori oggi». 

In che senso? «A prescindere dall’entità patrimoniale di ognuno di noi, se i tuoi consulenti ti dicono che ci sono state delle irregolarità nel conteggio degli interessi, mi sembra normale voler far chiarezza. E si è arrivati al contenzioso».

Ma nel frattempo la banca ha proceduto coi pignoramenti. «Che sono oggetto di mio reclamo e non riguardano né ville, né barche. L’istituto ha messo in campo i suoi strumenti, io pagherò se e nella misura in cui il tribunale riterrà. Su questo non si discute».

Quel golf club, però, era un luogo caro a suo padre.  «Per me tutti i beni sono cari e tutti lo sono meno. Quando gestisci un portafoglio di partecipazioni devi farlo in base a orientamenti strategici. Ero un golfista, avevo 2 di handicap, poi ho smesso e ho perso interesse. Mio padre, inoltre, è morto da molto tempo (2001, ndr). Non c’era più motivazione per continuare a investire lì e ho venduto (il passaggio di proprietà deve ancora essere perfezionato, ndr) a una compagine societaria».

Aveva già avuto azioni esecutive in passato? «No. Ho avuto rapporti per centinaia e centinaia di milioni di euro con istituti bancari che ho sempre onorato».

La Rete, però, che tanto le ha dato, non le risparmia critiche. «Ma è democratica, se non ti va bene puoi ‘cambiare canale’. Con mio padre, invece, il telecomando lo teneva lui».

Come spiega il suo successo sui social? «Io ho sempre vissuto così. E sui social network non ho maschere, non ho costruito un personaggio virtuale che differisce dal reale. I social mi hanno solo aumentato la platea. Il problema è sociologico: i giovani vivono in un vuoto emulativo».

Spieghi. «Se fossi un giovane, in chi dovrei identificarmi? In un politico non credo, in un imprenditore della terza età che fatica a lasciare la poltrona nemmeno, gli sportivi sono a tempo determinato. Magari vedono in me qualcuno che ha fatto un po’ tutto».

Tipo? «Faccio sport come fossi un ventenne, ho lavorato molto seriamente al di là di quello che i detrattori da quattro soldi sostengono e ho avuto il privilegio di poter vivere una seconda vita. E oggi i ragazzi apprezzano la coerenza, far vedere come si è».

Gianluca Vacchi e Ariadna Gutierrez

Diversi commenti, però, non sono certo di apprezzamento. «Non mi danno fastidio, sono uno stimolo. Secondo la sala studi di Telecom ho un consenso del 90%, nonostante mostri il mio benessere. Evidentemente lo veicolo in maniera garbata».

C'è chi dice che compri pacchetti di follower. «Malelingue. Il record mondiale di visualizzazione di un video non si può comprare e ho dei più alti engagement sul web».

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Quando ha lasciato gli incarichi operativi in Ima? «Subito, a 29 anni. Non so stare a una scrivania. Ma non è un mistero che, quando ne avevo 25, mi sono indebitato per una cifra stratosferica, facendo triplicare le quote che mi aveva lasciato mio padre e accrescere così quelle di mio cugino Alberto (oggi presidente, ndr)».

Com’è il rapporto Gianluca-Alberto? «Siamo talmente diversi, che siamo praticamente uguali. Mangiamo insieme all’Ima una volta a settimana; spesso lo chiamo alla mattina che è già sveglio e io devo ancora andare a letto. C’è grande rispetto».

Ma in Ima non torna. «Sto lontano per mia volontà. Non sono il migliore gestore dell’azienda e lo so. Se più persone la pensassero come me, non fallirebbe l’85% delle aziende familiari alla terza generazione».

Qual è, nella sua carriera, l’attività di cui va più fiero? «Da un punto di vista culturale, quella dei social network. Credo che tra 30 anni il mio caso si studierà a scuola. Nelle imprese, forse la Toy Watch: quando vidi Michelle Obama indossarne uno fu una soddisfazione». 

A dicembre tornerà in aula per il processo Parmalat e per la vicenda Last Minute Tour, dopo una condanna e una sentenza annullata.  «Se sono sereno per gli 8,5 milioni di euro (ha un patrimonio di oltre 500 milioni), qui lo sono di più».

FOCUS / La rete degli affari milionari. Un intreccio di società e poltrone

Come scusi? «Sono stato il primo a fare una cosa dove il nome della società dà nome al prodotto: i viaggi turistici convenienti last minute, come i Kleenex per i fazzoletti. Lo vendetti all’allora miglior gruppo turistico italiano. Ex post sono tutti capaci di fare i professori».

Intanto oggi c’è una nuova sfida. «(silenzio) Ah sì, esce Viento, una canzone che prende origine da un canto popolare colombiano, bandiera degli immigrati dall’Africa alla Colombia. Avevo una nonna argentina e una certa predisposizione latina, l’ho sentito e sopra ci ho costruito un pezzo house». 

Qual è l’aspettativa? «Spero che piaccia. Solo questo. La mia è una prova di coraggio: chi me lo fa fare a 50 anni di farmi fischiare dai 18enni se la canzone non piace?».

Piacerà anche a Joe T-Vannelli? «Non so chi sia».

Stiamo al gioco. La verrà a sentire suo cugino? «No, va a letto troppo presto (ride)».

 

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