Riciclaggio, chiesto il processo per Gianfranco Fini e i Tulliani

Oltre per l'ex leader di An, il pm ha chiesto il rinvio a giudizio per la sua compagna Elisabetta Tulliani, per il padre e il fratello di quest'ultima, e per il 'Re delle slot' Francesco Corallo. Fini: "Ribadisco la mia innocenza"

Gianfranco Fini (Imagoeconomica)

Gianfranco Fini (Imagoeconomica)

Roma, 22 gennaio 2018 - Chiesto il rinvio a giudizio per l'ex presidente della Camera, Gianfranco Fini, accusato dai pm di Roma di riciclaggio. Oltre all'ex leader di An, il pm Barbara Sargenti, ha chiesto il processo per la sua compagna Elisabetta Tulliani, per il padre e il fratello di quest'ultima, Sergio e Giancarlo e per il "Re delle slot" Francesco Corallo.

Fini e i Tulliani sarebbero coinvolti in una serie di operazioni finanziarie a cominciare da quella legata all'appartamento di Montecarlo (che una contessa aveva lasciato in eredità ad An) che Giancarlo Tulliani avrebbe acquistato con i soldi di Francesco Corallo, il 're delle slot', attraverso la creazione di due società off-shore, la Printemps e la Timara: una spesa di poco superiore ai 300mila euro nel 2008 quando la cessione dell'immobile nel 2015 fruttò un milione e 360mila dollari. Un'operazione di compravendita che Fini avrebbe autorizzato senza sapere (così si è giustificato davanti agli inquirenti) che dietro c'era suo cognato.

"La richiesta degli inquirenti era prevedibile, ribadisco la mia innocenza e confermo piena fiducia nell'operato della magistratura", scrive Fini in una nota.

I magistrati di piazzale Clodio hanno firmato la richiesta di rinvio a giudizio che coinvolge complessivamente dieci persone, tra cui lo stesso Corallo e l'ex parlamentare di An Amedeo Laboccetta, deputato napoletano di Forza Italia nonché vice coordinatore campano azzurro, che rispondono, con altri quattro, di associazione per delinquere. 

Secondo l'ipotesi dei pm, al fine di commettere "una serie di reati di peculato, riciclaggio, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e appropriandosi di ingenti somme di denaro (oltre 85 milioni di euro) corrispondenti al mancato pagamento dei tributi erariali, dovuti dalla società concessionaria Atlantis World Group of Companies per l'attivazione e la conduzione operativa della rete, per la gestione telematica del gioco lecito mediante apparecchi da divertimento o intrattenimento", il sodalizio avrebbe "trasferito tra il 2004 e il 2007 la liquidità così illecitamente accumulata (oltre 50 milioni di euro) dai conti correnti della concessionaria (stabile organizzazione in Italia di Atlantis/BPlus) verso conti correnti esteri olandesi e inglesi di altre società del Gruppo Corallo, e successivamente, verso un conto corrente di società offshore acceso a Saint Maarten (Antille Olandesi), sempre riconducibile al promotore e capo dell'associazione, Francesco Corallo, in modo da ostacolarne l'identificazione della provenienza delittuosa e di poterla definitivamente impiegare in acquisizioni immobiliari ed attività economiche e finanziarie". 

Quanto a Fini e ai suoi familiari, la Procura resta convinta, al di là del recente interrogatorio reso a piazzale Clodio dall'ex leader di An, che Giancarlo ed Elisabetta Tulliani, titolari delle società offshore Printemps Ltd, Timara Ltd e Jayden Holding Ltd, abbiano "messo a disposizione i conti correnti di tali società per ricevere ingenti somme di denaro dal conto corrente acceso presso la First Carribean International Bank e intestato alla Dawn Properties, riconducibile a Corallo con cui Fini aveva stretto intesa, e su cui era delegato a operare in qualità di director Rudolf Baetsen, con la consapevolezza della provenienza delittuosa, consentendo la realizzazione del segmento finale del flusso di denaro tra Italia, Olanda, Antille Olandesi, Principato di Monaco e Santa Lucia".

Oltre a questo, i magistrati romani hanno attribuito a Fini altri tre episodi di riciclaggio più uno di impiego di denaro di provenienza illecita assieme alla compagna Elisabetta e a Giancarlo Tulliani: le somme di denaro ricevute dal conto acceso presso la FCIB e poi bonificate da Baetsen, sarebbero state destinate "all'acquisto dell'appartamento di Montecarlo, già di proprietà di An, di cui erano divenuti i proprietari occulti. E dopo che l'immobile era stato rivenduto, il 15 ottobre del 2015 dalla Timara Ltd, compivano ulteriori transazioni bancarie con le quali impiegavano, sostituivano e trasferivano la somma di denaro pari a 1,2 milioni di euro, derivata dalla compravendita, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della provenienza delittuosa, utilizzando diversi conti correnti anche esteri".

I pm ritengono poi che Giancarlo Tulliani abbia ricevuto sul proprio conto corrente presso la Caisse d'Epargne-Costa Azzurra, filiale francese di Beausoleil, il 5 novembre 2015, un bonifico di 1,2 milioni di euro, disposto da uno studio notarile, in merito a una vendita immobiliare. E che, successivamente, da tale rapporto avrebbe trasferito sul proprio conto corrente italiano Mps la somma di 140mila euro (l'11 novembre 2015), di 145mila (il 20 novembre) e 560mila (il 9 settembre 2016). Elisabetta Tulliani, dal canto suo, tra il 24 novembre e il 10 dicembre 2015, avrebbe ricevuto sul conto corrente acceso presso Mps 290mila euro e poi 449mila euro, bonificate dal fratello, con la causale 'prestito infruttifero', dal conto Mps di Giancarlo che era alimentato esclusivamente, fin dalla sua apertura, dal conto Caisse d'Epargne".