Variante Delta, già pronti gli antidoti aggiornati. "Così i nuovi ceppi non spaventano"

Se il governo Usa darà l’ok, entro agosto partiranno i trial clinici per il vaccino progettato da Pfizer

Una tecnica di laboratorio al lavoro per sviluppare un vaccino anti Covid

Una tecnica di laboratorio al lavoro per sviluppare un vaccino anti Covid

Roma, 22 luglio 2021 - I vaccini del futuro sono già qui. Pochi giorni fa Pfizer e BioNTech hanno annunciato di avere sviluppato un siero aggiornato contro la variante Delta. E ora i due colossi premono sulle autorità regolatorie Usa per ottenere il via libera a un trial clinico sul nuovo prodotto. Se tutto filerà liscio, la sperimentazione partirà in agosto e tra pochi mesi potremmo già avere a disposizione un vaccino efficace contro il ceppo che sta diventando dominante a livello globale.

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Vaccini e varianti, che fare?

"L’ipotesi più realistica – ha chiarito il professor Francesco Menichetti, direttore malattie infettive all’Università di Pisa, al webinar di Motore Sanità – consiste nell’arrivare presto alla riformulazione dei vaccini a Rna messaggero (Pfizer o Moderna), che sono quelli più facilmente modulabili contro la varianti emergenti". "L’adeguamento dei vaccini a Rna dovrebbe risultare abbastanza semplice – aggiunge da parte sua Stefano Vella, docente di salute globale all’Università Cattolica di Roma – sostanzialmente cambia la sequenza, aggiornata alle mutazioni della proteina Spike. Anche i vaccini a vettore virale si possono perfezionare, ma la procedura richiede più tempo". Ricordiamo che le due dosi (il ciclo completo) si dimostra efficace anche nei confronti della variante Delta.

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Avremo una dose unica per Covid e influenza?

"Dal punto di vista teorico – dice Andrea Cossarizza, immunologo dell’Università di Modena e Reggio Emilia – due vaccini insieme sembrerebbero una buona idea. Dal punto di vista pratico occorre però verificare, ai fini della farmacovigilanza, se in questa fase sia ancora utile tenerli distinti, in modo da distinguere eventuali effetti spiacevoli di un vaccino rispetto all’altro".

Vaccino proteico, in cosa consiste?

"Sono nuovi vaccini cosiddetti a subunità, tipo Novavax", precisa Stefano Vella. "Utilizzano frammenti di proteine del virus morto, similmente a quanto avviene con la profilassi antinfluenzale. Parliamo di vaccini stabili, più maneggevoli, che hanno mostrato un 96,4 di protezione, tantissimo: a livello di studi clinici sembrano destinati a rivelarsi i più potenti. Ma evitiamo di stilare classifiche, anche gli altri sono molto buoni".

Ci sono vaccini antivirali allo studio?

Attualmente nel mondo ci sono 140 vaccini in fase di sperimentazione clinica. Più aziende concorrono alla ricerca e alla produzione meglio è. Un colosso come Sanofi è atteso con i suoi prodotti in autunno. Va avanti di pari passo la ricerca sui nuovi monoclonali, dopo Lilly c’è il polo italiano Gsk ormai in dirittura d’arrivo. Nicoletta Luppi, manager Msd, da parte sua ha annunciato a Roma che sono in corso studi per ottenere il primo antivirale somministrabile per via orale, niente più aghi e siringhe. Per coprire le necessità di 8 miliardi di persone alle prese con questa guerra, l’intera industria farmaceutica dovrà scendere in campo.

Eventuale terza dose quando si farà?

Molti ricercatori sono convinti che dal 2022 inizieremo a fare, ogni anno in autunno, un vaccino anti-Covid aggiornato alle ultime varianti. "Ma invece di pensare alla terza dose, io dico cerchiamo di completare il ciclo con due dosi – conclude Cossarizza –. C’è il problema del virus che circola tra i giovani, che verosimilmente contraggono una forma lieve o asintomatica, ma che possono contagiare genitori e nonni, dobbiamo stare attenti alle infezioni in seconda-terza battuta, anche perché di ultrasessantenni non vaccinati ce ne sono ancora tanti".

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