Giovedì 18 Aprile 2024

Ghedini, molto più di un avvocato

Gabriele

Canè

Così di poche parole, non sembrava neppure un avvocato. Si riservava per le aule dei tribunali. E si è sempre pensato che fosse diventato deputato, o senatore, solo perché legale di Berlusconi. Poi Nicola Ghedini muore a 62 anni, che sono pochi per la professione, per la politica, per la famiglia, e scopri che di Berlusconi era soprattutto un amico. Talmente amico, che nel suo ricordo il Presidente di Forza Italia non ha fatto neppure riferimento al politico, e solo un accenno al professionista. "Grande, carissimo amico". Anche nel Palazzo è possibile. E in fondo non c’è da stupirsi.

Quasi trent’anni di vicende giudiziarie vissute fianco a fianco: battaglie, cadute, successi, ricorsi. Fino alla condanna, ai lavori socialmente utili, con quei vecchietti che non si sono mai diverti tanto con le barzellette e i pasticcini del Cavaliere, e alle inchieste che ancora pendono, dalle escort alle stragi di mafia, tanto per non farsi mancare niente. Berlusconi ha sempre dormito poco: 3, 4 ore per non sottrarre tempo al lavoro. E tutti hanno sempre saputo che se a Palazzo Grazioli una luce era ancora accesa, il padrone di casa non era solo: Letta e Ghedini erano con lui. A studiare dossier, a leggere le migliaia di pagine che la nostra giustizia riesce a produrre persino su Ruby-Rubacuori. "Lavoravamo assieme fino a tre giorni fa", ha ricordato Berlusconi. Ed è probabile, anzi certo, che prima di rilanciare la proposta che le sentenze di assoluzione non siano appellabili, l’anziano leader abbia consultato il suo giurista di fiducia. Totale. Giurista e amico. L’inventore della formula sfacciata e geniale di "utilizzatore finale" per sostenere che l’ex premier non era perseguibile nei processi sulle ragazze del bunga bunga. Con Confalonieri e Letta, Ghedini aveva superato il confine del rapporto di lavoro. Era un moschettiere inamovibile del "cerchio magico". Il primo ad andarsene è stato il più giovane.