Giovedì 18 Aprile 2024

Unioni gay, il cardinale Kasper: "Vanno rispettate ma non possiamo chiamarle famiglia"

"Comprensibile l'esito del referendum in Irlanda. Ma la dottrina della chiesa non cambia"

Roma, 9 giugno 2015 - CHI PENSA a una messa in discussione del matrimonio cristiano dopo la netta vittoria dei fautori delle nozze gay nella cattolicissima Irlanda è fuori strada. «La Chiesa non cambierà la sua dottrina. Le unioni omosessuali non sono matrimonio e non possono essere definite famiglia», avverte il cardinale Walter Kasper, ex ministro vaticano dell’Ecumenismo. Non certo un falco nello scacchiere della Santa sede, piuttosto un teologo altamente considerato dal Papa ed espressione di quell'espiscopato tedesco, notoriamente liberal, che, il giorno dopo l’esito del referendum, ha tenuto un summit nei sacri palazzi con francesi e svizzeri sulle sfide della famiglia in vista del Sinodo.

Eminenza, il matrimonio non si tocca, ma per la Chiesa sarà dura segnare il passo dopo un voto così storico...

«Quanto accaduto in Irlanda è stata una sorpresa. Vent'anni fa andavo sull'isola a trascorrere le vacanze e ricordo che era un paese prevalentemente agricolo, ora ha avuto uno sviluppo economico davvero importante. E le nuove generazioni non condividono più certi valori tradizionali. Se poi a ciò aggiungiamo lo scandalo della pedofilia nel clero, possiamo ben capire quali siano le ragioni alla base di questo risultato». 

Ha fatto bene il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, a parlare di «sconfitta per l’umanità»?

«Non chiedetelo a me... Non commento le dichiarazioni di altri cardinali, figurarsi quelle del primo collaboratore del Papa». L’Irlanda ha voluto dare una scossa anche alla Chiesa? «Chi pensa che si possa mutare la dottrina sul matrimonio si sbaglia».

Che cosa può cambiare, allora? «Possiamo valorizzare meglio il rispetto per le persone, qualsiasi sia la loro inclinazione sessuale».

Il documento intermedio dell'ultimo Sinodo lasciava aperto qualche spiraglio sulle coppie omosessuali.

«Elementi positivi ci sono in ogni persona, Dio ama chiunque. Credo che siamo chiamati a rispettare le unioni gay, vissute dai partner con responsabilità. Ce ne sono, ma non possiamo chiamarle famiglia, così si farebbe solo confusione».

Sull'omosessualità prevede un aspro confronto nel Sinodo di ottobre?

«Questa volta non sono coinvolto nella preparazione dell’assise. Non saprei... È possibile che il dibattito sia duro, ma alla fine si raggiungerà un consenso».