"Gay benvenuti, ma qui niente baci". Il Qatar detta le regole dei mondiali

Il comitato organizzatore: non approviamo effusioni in pubblico. Il calciatore che fece coming out: avrei paura a giocare lì

Nasser Al Khater, capo del comitato organizzatore

Nasser Al Khater, capo del comitato organizzatore

Integrazione. Fratellanza. Uguaglianza. E poi giù spot pieni di “Respect”, “No Racism” che abbattono barriere e pregiudizi. Quanto lo sport – e il calcio in particolare – sia motore e volano di consenso lo racconta la storia dell’uomo anche nelle sue pagine più oscure. Se così non fosse, non avremmo vissuto buie dittature che hanno fatto dello sport strumenti di propaganda. Per fortuna, il gesto atletico sa essere anche limpido fascio di luce per straordinari messaggi positivi. Ma a volte il mondo ideale senza barriere e pregiudizi deve fare i conti con le regole dell’uomo e delle religioni. L’ultimo caso è una bomba che scoppia a meno di un anno dal Mondiale del Qatar, il primo che si giocherà in inverno per evidenti motivi climatici.

A togliere la spoletta è stato il direttore esecutivo del comitato organizzatore dei Mondiali 2022 Nasser Al Khater, che sulla presenza di gay in Qatar ha dichiarato che sì, sono i benvenuti, a patto però che evitino "pubbliche manifestazioni d’affetto, che sono disapprovate perché questo è un paese conservatore". In realtà la riflessione di Al Khater è assai più articolata e certamente più dolorosa non solo per il mondo gay, ma per tutti coloro che impugnano la bandiera dell’uguaglianza contro ogni tipo di discriminazione. E arrivano in risposta a Joshua Cavallo, giocatore australiano dell’Adelaide United e dichiaratamente omosossuale, che al Guardian ha detto: "Avrei paura di giocare in Qatar, dove c’è la pena di morte".

"Josh Cavallo sarebbe il benvenuto qui da noi – la risposta di Al Khater – ma vanno evitate pubbliche manifestazioni d’affetto, che sono disapprovate. È l’unica indicazione da rispettare, per il resto tutti possono vivere la propria vita". E ancora: "Gli omosessuali possono venire in Qatar come qualsiasi altro tifoso e possono comportarsi come qualsiasi altra persona. Quel che dico, semplicemente, è che dal punto di vista della percezione dell’affettività in pubblico, la nostra è una società conservatrice", ha aggiunto Al Khater.

La dichiarazione di Cavallo è benzina sul falò della contestazione di molte associazioni mondiali che chiedono di boicottare il pallone in Qatar, Paese accarezzato più volte dal vento dello scandalo. Dall’indagine dell’Fbi sui casi di corruzione fra i vertici Fifa per assegnare la Coppa del Mondo del 2018 alla Russia e quelli del 2022 al Qatar, all’inchiesta del giornale inglese Guardian, che aveva svelato lo sfruttamento e le morti di migliaia di lavoratori migranti per costruire gli stadi in Qatar. Ora quest’entrata a piedi uniti sul mondo gay in un paese nel quale l’omosessualità è illegale ed è punita con fustigazione, reclusione - GayQatar ha postato la notizia che in Arabia Saudita ci sono stati cinque arresti durante una festa privata di nozze omosessuali – e anche con l’esecuzione, sebbene diverse associazioni che si occupano di diritti umani sottolineino come non vi siano prove di pene capitali.

E pensare che il Qatar sta facendo di tutto, ormai da anni, per mostrare il suo lato più progressista e affine alla cultura europea, anche attraverso operazioni nello sport come l’acquisto del Paris Saint Germain – la proprietà è del fondo sovrano del Qatar che ha investito fin qui cifre pazzesche – che via via negli anni ha comprato tutti i migliori compresi Neymar e Messi che saranno anche i testimonial del prossimo Mondiale. Poi però, ci sono gli uomini, la politica, le religioni. Dalle leggi anti-gay di Putin - introdotte nel 2013, che vietavano la diffusione ai minori di “propaganda” che legittima l’omosessualità – alle minacce di morte e violenze degli hooligans russi ai tifosi gay inglesi al Mondiale 2018, i casi non si contano. Tutto questo, mentre su Netflix va in onda la storia di Caitlyn Jenner che vince l’oro dei superman nel decathlon ai Giochi di Montreal nel 1976 e sale sul podio come Bruce Jenner. Scegliendo poi, quasi 40 anni dopo, di voler essere donna transgender per ritrovarsi finalmente in un corpo in armonia con la sua identità di genere.